Omaggio a Dante Alighieri di
il veltro 34 iciam eco a San Tommaso ed a Danto| dicendo con loro : « Gesł Cristo verrą | e regnerą lungamente| e da quell'ora cesseranno del tutto gl'impedimenti che la Bestia malvagia dą a coloro che riprender vorrebbero la via pił corta del Monte » ? Questo non e un parlar da Corinto Millenario eretico| ne da Papģa Millenario Cattolico ; ma egli č un professare le dottrine del secolo XIII| comentando il Poema sacro di un Poeta| che nel principio del secolo XIV era dal popolo chiamato il Teologo ; e diremmo ancora| egli č un riprodurre quella opinione| che il p. Calmet nota non esser mai stata condannata dalla Chiesa| e che anzi egli appella la pił comune e la pił fondata fra Cattolici. Non dispiaccia all' onoranda Ombra del Troya !
Che la farą morir di doglia. Atshi suona nel? a-nimo il frasario ieratico| queste semplici parolette avrien potuto dar indizio del Veltro e della Lupa| facendo loro traveder| nel primo| Colui che disse alla seconda: Ero mors tua| o Mors. E maggior lume lor avria dato quel verso dell' Inno che qui Dante ha tradottoA Quo peribit mortua| che ivi ancora parlasi del Redentore e del Demonio| ossia del Veltro e della Lupa| ossia della Vita e della Morte| cantandovisi :
Mors superba pavet ipsa A quo peribit mortua.
Ma qual maraviglia che| argomentando| non siasi scoverta del velo suo allegorico la Lupa | se| leggendone il proprio nome nel Canto II| non vi si č posto mente ? E par Dante ivi dirigesse| men che a Beatrice| a' suoi comentatori quelle parole :
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