Omaggio a Dante Alighieri di
422 dante e la sua politicagnoria come schiera che corre senza freno 1 e 1' Italia tutta come una fiera fatta fella 2|
Per non esser corretta dagli sproni;
e la cui sella era vuota 2| cioè senza un supremo reggitore. Egli stesso fatto segno alle ire di tanti| vide come nella sgovernata Italia la marmorea statua che eresse la patria ad eterna memoria delle virtù cittadine di lui| fosse Tesiglio; eppure ciò non dimeno quel grande diceva: gli errori della gente io abominava| non per infamia o vitupero degli erranti| ma degli errori; e gridava affinchè pel diritto calle si dirizzassero. Che direbbe ora della sua penisola| che sempreDi giorno in giorno più di ben si spolpa|
E a trista ruina par disposta *.
L'Alighieri volgeva i suoi voti e la sua mente allo scopo di rendere al dovere le genti crude e dirizzar l'Italia| la quale| simile al fantolino che muor di fame e caccia via la balia| respingeva una politica ordinatrice. Due erano le vie dischiuse all'assettamento del bel paese. L'una e la più nobile era l'arbitrio supremo delle sorti dell'Italia messe in mano del Papato. La Chiesa che fu madre e tutrice della libertà italiana| chiamar potea al suo tribunale i tiranni| o che fossero nelle assemblee popolari e nelle fazioni| o in quei Marcelli che venivan parteggiando nelle repubbliche e nei principati. La Chiesa| che ostile a tutte le tirannie| può biasimare le opere di chi siede in trono| reprimerne i rei costumi| condannarne i delitti| frenarne le passioni
1 Ivi v 42. - Ivi vi 94.
* Ivi Vi 89. « Ivi xxiv 80| 81.
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