Omaggio a Dante Alighieri di
568 l'alighieri inculca riverenzaChe nulla ti ravvisa. Ed or tu piangi? Ahi sciagurato! nella ferrea rete Trar pria ti festi e poi ti duoli e t'angi E spegner pensi ai tuoi signor la sete
Con le lagrime tue? Se il sangue è poco A chi le vite quai frumenti miete| Oh! come speri che l'accheti un fioco Lamento femminil? Pugnar dovevi E spada opporre a spada e foco a foco Allor che tempo n' era e tu '1 potevi| Nè lasciarti rapire il fiordaliso Che nelle aiuole tue nutrito avevi. Quel giovin fior che di perenne riso Ti fea felice e tu sbocciar vedesti D'un germe trapiantato in Paradiso. Io parlo di colui col qual perdestiE gloria e Prence e dirò pure il senno| Ch'eri regina e schiava ti rendesti. Maledetti color che di lui fenno
E insiem di te quel lurido mercato | Così grave a ridir ch'io sol l'accenno. E maledetti que' ch'insanguinatoIl Volturno miraro e '1 Garigliano| Mirar Gaeta in fiamme e d'ogni lato Morti e morenti; e a quello scempio umano Non levaro la voce| o peggio ancora Al nefando oppressor porser la mano. Oh bei trionfi| oh belle glorie ond' ora Lieti ne fan dall'Alpi fino a Scilla Quei che seggono a scranna in su la Dora !
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Trar Lamento Allor Paradiso Prence Volturno Garigliano Mirar Gaeta Morti Lieti Alpi Scilla Quei Dora Ahi
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