Omaggio a Dante Alighieri di
g i ì di due frutti specialivario; senza dire che resterebbe al tutto oziosa ed ingiustificabile la salita del monte tentata nel I dell'Inferno; ingiustificabile l'eccitamento di Virgilio a salire quel monte| ingiustificabili le stesse lodi fatte da Virgilio a quel monte medesimo| e finalmente ingiustificabile il piano di Dante che sarebbe venuto al Calvario per sua salvezza| che avrebbe anche tentato di salirlo inopportunamente| e che opportunamente vi si sarebbe poscia disposto con un viaggio sì lungo e disastroso | senza poi venire all'effettuazione di quella salita medesima.
Oh'è principio e cagion di tutta gioia.
La salita dunque del Calvario effettuata realmente da Dante dopo il ritorno dal Paradiso| è il primo fine inteso del poeta colla sua Divina Commedia| perchè tutta questa non è altro che una preparazione a quella salita; e quindi il primo frutto speciale che si deve coglier dalla lettura del poema. secondo la intenzione di Dante più esplicita| si è appunto che i suoi lettori salgano con lui il Calvario| ossia si accingano alla più perfetta imitazione di Cristo coli' esercizio pratico di tutte le virtù in grado eroico. Si dirà forse che Dante esige troppo? Tutt' altro. Egli non esige se non quello che ha inteso di esigere Gesù Cristo quando disse quelle parole che col Crisostomo e con Eutimio abbiamo commentato di sopra. Nè Dante era l'uomo della mediocrità in cosa veruna| e molto meno in fatto di operare la propria eterna salute ; egli che delle 3245 miglia| quanto è profondo l'inferno| ben 3150 ne destina pei colpevoli di sola dappocaggine; egli che delle 95 miglia quanto è alto il monte del Purgatorio| ben 92 ne destina pei colpevoli
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