Vita di Dante Alighieri di Cesare Balbo

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      Quai Barbarejfur mai| quai Saracino| Cui bisognasse| per farle ir coverte| 0 spiritali o altre discipline?
      Ma se le svergognate fosser certe Di ciò che'1 Ciel veloce loro ammanna (1)| Già per urlare avrian le bocche aperte.
      Che se l'antiveder qui non m'inganna| Prima fien triste che le guance impeli Colui che mo si consola con nanna.
      Deh | frate| or fa che più non mi ti celi; Vedi che non pur io| ma questa gente Tutta rimira là dove '1 Sol veli.
      Perch'io a lui: Se ti riduci a mente Quai fosti meco | e quale io teco fui| Ancor fìa grave il memorar presente.
      Di quella vita mi volse costui| ecc.
      Purg. imi| 76-118.
      Nei quali ultimi versi veggono gli espositori un cenno della vita allegra e viziosa anzi che no/condotta in quegli anni insieme dai due giovani Dante e Forese. Nò par dubbio*| e tanto meno se vi si aggiunga e l'impenitenza di Forese nel peccato della gola| e ciò che di Dante vedremo poi anche piti chiaro. Ma osservisi ne' versi precedenti la virtuosa indegnazione di lui contro ogni vizio sfacciato e scandaloso : ci non fu almeno di quelli che aggiungono al vizio la colpa peggiore di scusarlo| o la pessima di trarne vanto.
      Accompagnandosi quindi i due amici su per il monte| Dante domanda a Forese di Piccarda-| e questi:
      La mia sorella| che tra bella e buona Non so quai fosse più| trionfa lieta Nell'alto Olimpo già di sua corona.
      Purg. xxiv| 13-15.
      Salito poscia in Paradiso| ei la ritrova| ma nel cerchio pili basso| dove sono le anime state in terra sforzate a rom-
      (1) Predizione delle sventure varie di Firenze che vedremo ne' primi anni del secolo xiv.


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Vita di Dante Alighieri
di Cesare Balbo
Utet Torino
1857 pagine 474

   

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