Vita di Dante Alighieri di Cesare Balbo
108 * Li URO PKUIOForan discordi gli nostri desiri Dal voler dì Colui che qui ne cerne;
Che vedrai non capere in questi giri| S'essere in cantate è qui necesse| E se la sua natura ben rimiri;
Anzi è formale ad esto beato esse Tenersi dietro alla diviua voglia| Per ch'una fansi nostre voglie stesse.
Sì che| come noi siani di soglia in soglia Per questo regno| a tutto '1 regno piace| Com'allo Re che 'n suo voler ne'nvoglia.
In la sua volontade è nostra pace|:
Ella ò quel mare| al qual tutto si muove Ciò ch'ella cria| o che natura face.
Chiaro mi fu allor com'ogni dove Iti cielo è paradiso| e sì la grazia Del Sommo ben d'un modo non vi piove.
Ma si com'egli avvien| s'un cibo sazia| E d'un altro rimane ancor la gola| Che quel si chiere| e di quel.si ringrazia;
Cosi fec'io con atto e con parola| Per apprender da lei qual fu la tela| Onde non trasse insino al cò la spola.
Perfetta vita ed alto merto incielaDonna più su (1)| mi disse| alla cui norma Nel vostro mondo giù si veste e vela;
Perchè 'n lino al morir si vegghi e dorma Con quello Sposo ch'ogni voto accetta. Che caritate a suo piacer conforma.
Dal mondo| per seguirla| giovinetta Fuggimmi| e nel su' abito mi chiusi| E promisi la via della sua setta.
Uomini poi a mal più che a ben usi| Fuor mi rapiron della dolce chiostra: Dio lo si sa qual poi mia vita fusi 1
Par. ni| 34-108.
E basti a noi questo tanto; pur avvertendo chi voglia^ vedere quanto tocca a Piccarda| che sarebbero a leggere intieri i Canti III e IV e parte del V del Paradiso. È poi
(1) Santa Chiara.
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Colui Tenersi Com Iti Del Sommo Sposo Fuggimmi Fuor Dio Piccarda Canti III Paradiso Santa Chiara
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