Vita di Dante Alighieri di Cesare Balbo

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      1 160 libro primocoloro li quali erano depressi fusse chiamato| mediante papa Bonifazio ottavo| a ridirizzare lo stato della nostra città un fratello| ovvero congiunto (1) di Filippo allora re di Francia| il cui nome fu Carlo ; si ragunaronoa un consiglio| per provvedere a questo fatto| tutti i principi della setta con la quale esso teneva. E quivi| tra l'altre cose| provvidero che ambasceria si dovesse mandare al papa| il quale allora era a Roma| per la quale si inducesse il detto papa a dovere ostare alla venuta del detto Carlo| ovvero lui con concordia della detta setta la quale reggeva| far venire. E venuto al deliberare chi dovesse esser principe di cotale legazione| fu per tutti detto|| che Dante fusse desso. Alla quale richiesta| Dante alquanto sopr'a sè sUito| disse: Se iovo| chi rimane?-e se io rimango| chi va? quasi esso solo fusse colui che tra tutti valesse| e per cui tutti gli altri valessono. Questa parola fu intesa e raccolta; ma quello che di ciò seguisse non fa al presente a proposito| e però passando avanti| il lascio stare » (2). E che ne seguisse| non ci è detto altrove dal Boccaccio| ma è chiaro pur troppo ; pagandosi caro ne' paesi piccoli i disprezzi| che ne'grandi sono disprezzati.
      Del resto| un'altra colpa (e non che scusabile| bella questa) s'ebbe Dante: quella d'opporsi all'intervento straniero. Della quale il vedremo accusare e condannare poi| come se egli avesse fatta tale opposizione durante il suo priorato. Ma non è probabile che allora la facesse ; che a giugno 1300 non era Carlo di Valois avviato ancora a
      (1) Osserva la non curante ignoranza del Boccaccio| che quaranta o cin-quanf anni dopo questi fatti uon sa e non s'affatica ad informarsi se Carlo di Valois fosse fratello o solamente congiunto del re di Francia. E con simile noncuranza il vedremo un'altra volta parlar delle parli Guelfa e Ghibellina. Ciò fn certo onde si scamlalezzò Leonardo Aretino| ed a ragione. Ma ciò non dee tor fede a quanto narra il Boccaccio; che si vede quindi essere slato storico pigrissimo| che quando non sapeva certamente le cose non s'affaticava per vero dire ad accertarle| ma almeno le scriveva come le sapeva dubbiamente. Anche tal semplicità è virtù storica ; ed in istoria ed in morale il gran vizio non è l'ignoranza confessala con la semplicità| ma o la professala con superbia| o peggio quella che crede sè scienza| e dassi per tale.
      (2) Boccaccio| Vita di Dante| pp. 78| 79|
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Vita di Dante Alighieri
di Cesare Balbo
Utet Torino
1857 pagine 474

   

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