Vita di Dante Alighieri di Cesare Balbo
19-1 libro primogrande soddisfa insieme| ed a quell'orgoglio ed al rancore
della offesa| così ritraendo e sfregiando gli Àdimari:
Dietro a chi fugge| ed a chi mostra 1 dente Ovver la borsa com'agnel si placa| Già venia su| ma di picciola gente ; Sì che non piacque ad Ubertin Donato Che '1 suocero il facesse lor parente.
Farad| ivi| 115-120.
Dove non solo una qualunque mortai offesa| ma questa speciale e vilissima dell'aver perseguitato il fuoruscito| sembra chiaramente accennata.
Ma venendo a meno gravi ire| abbiamo pur dal Sacchetti due esempi di quella che destavasi in Dante quando udiva sciupare i proprii versi cantati : che vuol dire i Sonetti o le Canzoni| non| come inteser male taluni| il Poema; il quale nò era allora probabilmente conosciuto| nè italiano| e ad ogni modo non fu fatto mai per cantarsi. La prima volta fu appunto uscendo Dante di casa dopo desinare| per andare a quella faccenda dell'Adimari| ehe| passando per Porta San Piero| udì un fabbro che batteva su l'incudine| e insieme cantavai versi di lui tramutati| smozzicati e appiccati. Non disse uulla Dante| se non che| accostandosi alla bottega dove il fabbro aveva i ferri con che facea l'arte| piglia Dante il martello è gettalo per la via; piglia le tanaglie e getta perla via; piglia le bilance e getta; e cosi gettò molti ferramenti. Il fabbro| voltosi con un atto bestiale| dice: Che diavol fate voi? Siete voi impazzato? — Dice Dante: E tu che fai? — Io Carle mia| dice il fabbro| e voi guastate le mie masserizie gettandole per la strada. — Dice Dante: Se tu non \mogli che io guasti le cose tue| non guastar le mie. — Disse il fabbro: Oh che vi guasto io? Disse Dante : — Tu canti il libro| e non lo di' conilo lo feci: io non ho altf arte| e tu me la guasti. 11 fabbro gonfiato| non sapendo rispondere| raccoglie le cose| e torna al suo lavorìo ; e se
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