Vita di Dante Alighieri di Cesare Balbo
capo xiii —1314-1318 371
cione| ali-apice della sua potenza| pareva presso ad effettuare le predizioni di Dante(1).
Che questi fosse alla battaglia di Monte Catini col suo amico e presente protettore| insieme con gli altri fuorusciti fiorentini menzionativi| non ne resta memoria da affermarlo o negarlo ; e forse la riverenza della patria ne lo ritenne questa volta| come già al tempo dell'assedio di Arrigo VII. Ma che partecipasse in qualche modo a questi eventi e alle speranze che ne sorgevano| appena è da dubitare; restando memoria di una quarta condanna conformante le antiche| pronunciatagli contro in ottobre 1315| e così poco più d'un mese dopo la battaglia| da Ranieri di messer Zaccaria da Orvieto| il vicaiio di re Roberto in Firenze (2). Fors'anclie fu causa di questa nuova condanna la pubblicazione della Monarchia| che potò esser fatta allora. Ad ogni modo| il poeta se no risentì a modo suo ne' canti del Paradiso ch'egli stava allora scrivendo; dove dall'amato suo Carlo Martello fy pungere quasti tutta la schiatta angioina| e principalmente Roberto| contro cui finisce con quell'amara riflessione:
E se '1 mondo laggiù ponesse mento Al fondamento che natura pone| Seguendo lui avria buona la gente.
Ma voi torcete alla religioneTal che fu nato a cingersi la spada| E fate re di tal ch'è da sermone;
Onde la traccia vostra è fuor di strada.
Farad| vm| 142-148.
Aveva allora Dante nella fortuna crescente di Uguccione miglior consolazione che non questa delle parole; ma quella gli durò poco. Che tal passò| tra speranze e disinganni| tutta la vita Dante; e tal passa agli esuli per lo piti.
Uguccione| imbaldanzito dalle donazioni imperiali| dalle vittorie| dalle varie signorie| e più di tutto forse dall'armi straniere| il migliore appoggio di tirannia| tiranneggiava
(1) Veltro| p. 140|
(2) Pelli| pp. 1Ò9| 130.
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