Vita di Dante Alighieri di Cesare Balbo
capo xv — 1320 incirca 409
Qui se'a noi meridiana face Di caritade| e giuso intra mortali Se' di speranza fontana vivace.
Donna| se tanto grande| e tanto vali| Che qual vuol grazia e a te non ricorre| Sua disianza vuol volar senz'ali.
La tua benignità non pur soccorre* A chi dimanda| ma molte fiate Liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia| in te pietate| In te magnificenza| in te s'aduna Quantunque in creatura è di boutade.
Or questi che dall'infima lacuna Dell'universo| infìn qui ha vedute Le vite spiritali ad una ad una|.
Supplica a te per grazia di virtute| Tanto che possa con gli occhi levarsi Più alto verso l'ultima salute.
Ed io| che mai per mio veder non arsiPiù ch'io fo per lo suo| tutti i miei preghi Ti porgo| e prego che non sieno scarsi.
Perchè tu ogni nube gli disleghi Di sua mortalità co'prieghi tuoi| Si che '1 sommo piacer gli si dispieghi.
Ancor ti prego| Regina| che puoi Ciò che tu vuoli| che conservi sani| Dopo tanto veder| gli affetti suoi.
Vinca tua guardia i movimenti umani : Vedi Beatrice con quanti beati Per li miei prieghi ti chiudon le mani.
Parad. xxxin| 1-39.
E così| le mani giunte| e tra l'anime più beate a pregar Maria Vergine per lui| lascia Dante finalmente la sua Beatrice: così certo erasi ella presentata a lui nella visione originaria del poema. Precipita allora questo al fine in pochi versi| inadeguati| il confessa egli| al soggetto infinito della contemplazione di Dio. Maria Vergine abbassaGli occhi da Dio diletti e venerati al supplice san Bernardo| in segno di accoglier la pre-
ti.
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