Vita di Dante Alighieri di Cesare Balbo
422 LIBRO SECONDOspecialmente di coloro che abbiano o credano avere| come Davidde| sofferto quaggiù dalla ingiustizia degli nomini| onde appellano pur rassegnati alla giustiziaci Dio; e di coloro poi| che sperando desiderino i loro cari perduti : ondechè ad essi gli suggerisce| pietosa madre| la Chiesa. Dante| invaso fortemente di questi due pensieri| doveva quindi dilettarsi molto in quei Salmi. E sovente aggiiigne tali parole| che si riferiscono evidentemente alla vita| ai peccati ed alle occupazioni sue proprie; né è sempre infelice| quantunque traduttrice| la poesia di lui. Così:
Aggi pietade de'miei gravi errori: Però ch'io sono debile ed infermo| Ed ho perduti tutti i miei vigori.
Difendimi Signor dallo granvermo| E sanami: imperò ch'io non ho osso Che conturbato possa ornai star fermo.
Salmo I.
Non consentir. Signor| che la potenza Degli avversari miei più mi consumali| E smorza in me ogni concupiscenza.
Dal mio Signore allora detto fummi : Sì| ch'io ti darò| uomo| intelletto. Per cui conoscerai li beni summi.
Poi ti dimostrerò '1 cammin perfetto| Per cui tu possi pervenire al regno Dove si vive senza alcun difetto.
Degli occhi miei ancor ti farò degno| ecc.
Salmo II.
E così| quel principio del Salmo m dove «gli aggiugne il primo verso| reminiscenza -del poema :
O tu che '1 cielo e '1 mondo puoi comprendere| Io prego che non voglia con furore Ovver con ira il tuo servo riprendere.
E «lei v :
Ciascuno m'è nemico ed avversario ; Tutto lo giorno mi vituperava| E diffamava con parlare vario.
t j b
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