Qualità del Paradiso
Sopra ogni cosa è da meravigliarsi che l'Alighieri avesse sì gran reverenza al suo tema, ch'egli in tutta questa terza cantica, come rapito veramente oltre ogni possibilità ed ogni memoria naturale, non abbia cercato mai di aggiustar le cose da lui immaginate e descritte alle necessità umane, ai bisogni della comune dei lettori, e agli artificii de' contrapposti, dei riposi, e degli episodii poetici. Ed è forza riconoscere che il Paradiso di Dante per ciò appunto non soffre confronti, perché è in tutto remoto da quell'antropomorfismo di cui l'ultima scuola egheliana accusa ogni religione e principalmente il cristianesimo. Onde altridisse a scherno che il Paradiso di Dante appare una congrega di anacoreti ed un concilio di scolastici; e veramente esso è fatto per l'intelligenza, benché l'amore v'abbia parte più ancora che la ragione. E in tutto può dirsi che non si trova nell'ampio giro delle creazioni umane, a chiamar sotto questo nome anche i libri sacri, alcuna creazione più spirituale di questa. Gli ultimi capitoli poi della cantica divina toccano il sommo della misticità:
Luce intellettual piena d'amore,
Amor di vero ben pien di letizia,
Letizia che trascende ogni dolzore,
(Par., XXX)
dove si stende l'empireo quasi come lago fulgido di fulgori, e chiuso tra due rive lampeggianti di primavera divina; il quale poscia a più ferma vista si trasmuta in forma di candida rosa e di anfiteatro infinito, che si scopre essere la città celeste, da cui si alza l'inno sempiterno a Maria
Umile ed alta più che creatura.
E per intercessione di Maria è concesso al poeta di fissar lo sguardo là dove né la memoria né il pensiero possono più ritornare, e donde nondimeno derivano l'ispirazione e la consolazione immortale.
Qual è colui che sommando vede
E dopo il sogno la passione impressa
Rimane, e l'altro alla mente non riede;
Cotal son io: ché quasi tutta cessa
Mia visione, e ancora mi distilla
Nel cuor lo dolce che nacque da essa.
(Par., XXIII).
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