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Perché non si sciopera nell'URSS
(1951)
Un recente manifesto della D.C. contrappone ad una fotografia di scioperanti, nei Paesi occidentali, una fotografia di truppe nell'URSS concludendo che nell'URSS non vi è il diritto di sciopero. E' vero che nell'URSS è proibito ai lavoratori di scioperare? (Un gruppo di lettori di Arenzano)
Questa storia del divieto di sciopero nell'URSS è una delle più stanche sciocchezze del già tanto stanco campionario delle sciocchezze antisovietiche, pure essa ritorna regolarmente nelle brillanti interruzioni alla Camera da parte di qualcuno della palude ai discorsi di Di Vittorio, nelle profonde argomentazioni dei sindacalisti “liberi” nei manifesti “made in USA” dei Comitati Civici.
Tanta brava gente, che minaccia sanzioni e che applica rappresaglie di ogni tipo a carico dei lavoratori italiani che esercitano il loro costituzionale diritto di sciopero, va improvvisamente in lagrime per quei “poveri lavoratori sovietici che non possono scioperare”.
Tutta questa brava gente fa finta di dimenticare che lo sciopero, grande conquista a cui i lavoratori sono giunti attraverso decenni di lotte e di sacrifici, è espressione di una società divisa in classi, è l'arma potente, l'unica arma, di cui dispongono i lavoratori per la tutela dei loro diritti contro il prepotere della classe capitalista, classe dominante, classe di governo.
Questa brava gente fa finta di ignorare che lo sciopero non è una gioia per i lavoratori, è un sacrificio, poiché in via immediata comporta una perdita di salario, è un atto di cui coscientemente i lavoratori misurano la gravità. Si fa finta di ignorare che lo sciopero è imposto dall'egoismo e dall'ingordigia della classe padronale che, solo di fronte al danno economico che deriva dalla cessazione della produzione, si piega al riconoscimento dei giusti diritti dei lavoratori.
Dire che nell'URSS è vietato lo sciopero è una sciocchezza, un non senso, poiché nell'URSS non esiste più la società divisa in classi, non esistono più le condizioni dalle quali deriva il fenomeno sociale e politico dello sciopero. E' come dire che è proibito di ammalarsi di vaiolo in quei Paesi che, applicando la vaccinazione obbligatoria, hanno messo i propri cittadini al sicuro da quel male.
Si paragona uno stato capitalista ad uno stato socialista e si rimprovera a quest'ultimo di non avere i guai tipici del sistema capitalistico...
Ma allora perché gli operai, i contadini, gli intellettuali russi avrebbero fatta la Rivoluzione d'Ottobre? Perché avrebbero conquistata la loro Costituzione che nell'art. 1 afferma essere l'URSS lo “Stato socialista degli operai e dei contadini” e all'art. 3 proclama l'appartenenza del potere nell'URSS ai lavoratori delle città e delle campagne? Contro chi dovrebbero scioperare questi lavoratori, contro se stessi?
Se volessero essere convinti i Comitati Civici dovrebbero rappresentare nei loro manifesti le curve del tenore di vita dei lavoratori sovietici e dei lavoratori degli stati capitalisti. Ma se ne guardano bene, poiché – senza scioperi – il salario reale dei lavoratori sovietici è aumentato, dal 1945 al 1950 del 48 per cento, mentre negli U.S.A. è diminuito, nello stesso periodo, del 15 per cento e la flessione sarebbe stata maggiore senza la resistenza opposta, anche attraverso diecine di migliaia di scioperi (nel triennio 1946-48 si sono avuti negli Stati Uniti d'America 12.248 scioperi con la partecipazione di 8.770 mila operai e impiegati).
Naturalmente anche nell'URSS esistono le vertenze al lavoro, ma esse non sorgono sul terreno dell'antagonismo di classe, ma come conseguenza del non completo rispetto della legge o degli accordi da parte dei dirigenti delle istituzioni e delle aziende o anche da parte degli operai e degli impiegati. Per la soluzione delle vertenze esiste una precisa procedura, largamente democratica, per la conoscenza della quale rimando i lettori all'articolo di D.V. Schweizer “Le vertenze di lavoro nell'URSS” in “Rassegna Sovietica”, del 1950, n. 3.
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