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Difesa dei lavoratori
(1952)
“L'Unità” denuncia sempre con forza i licenziamenti di membri di commissioni interne, di esperti di reparto, di collettori sindacali, colpevoli di svolgere attività sindacale nell'interno delle fabbriche. Si è giunti al caso Santhià licenziato dalla Fiat perché comunista. Ma, oltre alle proteste, si è fatta un'azione legale in difesa di questi lavoratori? (Compagno Tino – Genova, Rivarolo)
L'offensiva contro i diritti dei lavoratori aperta dai grandi industriali, con alla testa il signor Valletta, pone anche delle questioni di ordine giudiziario e, ovviamente, le organizzazioni dei lavoratori tengono nel dovuto conto, per la difesa dei diritti dei loro organizzati, le procedure stabilite dai contratti di lavoro o della legge. Anche per i ripetuti licenziamenti di membri di commissioni interne, effettuati dalla Fiat, la Camera del Lavoro di Torino, come del resto hanno sempre fatto tutte le Camere del Lavoro in circostanze analoghe, ha provveduto ad investire l'autorità giudiziaria.
Ma non è questo l'aspetto di fondo del problema, poiché non siamo di fronte a normali controversie sindacali. L'aspetto di fondo del problema è essenzialmente politico e costituzionale, perché il soffocamento delle libertà dei lavoratori nelle fabbriche e l'introduzione del principio della discriminazione politica per il riconoscimento del diritto al lavoro, investono i principi fondamentali del patto nazionale, la Costituzione Repubblicana, su cui poggia la convivenza democratica del popolo italiano.
Una delle caratteristiche della nostra Costituzione è quella di aver introdotto accanto ai diritti civili e ai diritti politici dei cittadini – che sia pure con minore ampiezza e formulazioni diverse erano espressi anche nel vecchio Statuto Albertino – i diritti sociali. Nella nuova Costituzione, il cittadino non è stato considerato come un individuo isolato o come una entità astratta avulsa da una organica collettività, ma come un “associato”, come un elemento attivo di tutta una formazione sociale.
La nostra Costituzione proprio per l'introduzione dei diritti sociali dei cittadini, pur non essendo affatto una Costituzione socialista non è più una Costituzione borghese; essa instaura un regime misto che dovrebbe abbracciare in una feconda alleanza le classi lavoratrici con tutti i centri produttivi, isolando i vecchi centri retrivi della grande borghesia monopolistica e del latifondo.
Si può dire anzi, come è stato ripetutamente illustrato anche su queste colonne, che l'asse attorno a cui ruota la nostra Costituzione è proprio costituito dai diritti sociali; dall'art. 1 che definisce l'Italia “una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, all'art. 3 che pone come compito della Repubblica la rimozione degli ostacoli d'ordine economico e sociale che impediscono “l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”; all'art. 4, veramente fondamentale, secondo il quale “la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto” e che fissa il dovere per ogni cittadino (nota bene il dovere più che il diritto) “di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della società”; all'art. 36 che stabilisce per il lavoratore il diritto “ad una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa; all'art. 42 che introduce il concetto profondamente innovatore nella società italiana della “funzione sociale” della proprietà privata; all'art. 48 che riconosce il “diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge, alla gestione delle aziende”.
Ecco gli articoli della “trappola” costituzionale di cui ha discorso Scelba che hanno fatto del lavoratore italiano, come tale e quindi anche soprattutto nei centri della sua attività, le fabbriche, i campi, le scuole, gli uffici, un cittadino le cui libertà politiche e sociali hanno significato solo se sono legate e condizionate alle libertà economiche espresse dalla conquista dei diritti sociali.
L'azione dei grandi agrari per la distruzione di questa conquista, come l'azione del loro governo contro i diritti civili e politici, significa il tentativo di rovesciamento dei termini fondamentali della Costituzione, significa il tentativo di sopravvento di quei gruppi che la Costituzione aveva isolato e dello Stato poliziotto sullo Stato democratico.
Anche attraverso la via giudiziaria si devono difendere i diritti costituzionali, ma, ahimè, quanto è ardua questa via!
Senza voler qui approfondire il concetto di una magistratura, che, indipendentemente dalla volontà degli stessi magistrati, si trova ad essere un braccio di un determinato potere di classe, il fatto è che il governo si è guardato bene dal preparare le leggi che avrebbero potuto rendere pienamente pronti i principi costituzionali. Si arriva all'assurda situazione per la quale i giudizi contro gli attentati ai principi costituzionali vengono espressi sulla base delle leggi fasciste tuttora in vigore, leggi sulla cui “costituzionalità” crediamo superfluo discorrere.
In definitiva, caro compagno, in relazione alla questione che hai sollevato e che ha affrontato uno degli aspetti tipici della involuzione reazionaria che si vuole imporre al nostro Paese, è la lotta unitaria dei lavoratori, la lotta di tutti i cittadini rispettosi della legalità costituzionale, che rimane il più giusto e il più valido strumento di difesa.
Gli eroici lavoratori cassonisti del porto di Genova che qualche giorno fa, commuovendo ed entusiasmando i lavoratori di tutta Italia – e non solo d'Italia poiché la stampa di tutti i Paesi ha parlato della loro straordinaria impresa – si sono calati con i loro cassoni nel profondo del mare per protestare contro il licenziamento di un loro compagno membro della commissione interna e per ottenerne il rientro al lavoro, hanno raggiunto più rapidamente e più sicuramente di qualsiasi azione giudiziaria la giusta sentenza.
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