Gelasio Adamoli - La direzione de "L'Unità" (1951-1957) - Lettere al Direttore


Capitalismo vaticano (1952)

Durante le vacanze trascorse in un paesino della zona di Bolzano discutendo con il medico e il farmacista del luogo ho affermato che il Vaticano rappresenta il più forte gruppo capitalistico italiano. Non sono stato creduto. Vorrei convincere i miei amici comunicando loro dei dati precisi. (Federico Tiraferri, Via Sclopis 15-2 - Genova)

           Se dovessi qui elencare tutte le aziende e tutte le società delle quali il Vaticano o è proprietario o è largamente compartecipante non sarebbero sufficienti le colonne che ho a disposizione per questa rubrica. Basterebbe comunque un tale elenco per convincere i tuoi bravi amici medico e farmacista che, forse, lassù, in quel paesino dell'Alto Adige, sono tanto vicini al cielo da non riuscire più a scorgere bene quello che accade su questa terra?
           Per cominciare ad avvicinarli alla realtà potresti consigliar loro di scorrere le pagine di due pubblicazioni ufficiali: l'Annuario Pontificio e l'Annuario delle Società per Azioni. Credo che direbbe loro già parecchio il fatto che i più bei nomi dell'Annuario Pontificio si ritrovano nei Consigli di Amministrazione delle maggiori Società italiane. E ancor più direbbe il fatto che un nome, quello dell'ing. Bernardino Nogara, consulente finanziario della Santa Sede, appare come presidente e come amministratore delegato o come consigliere in decine di consigli di amministrazione di Società di ogni tipo le quali, nel loro insieme, presentano il panorama completo del mondo capitalistico: società immobiliari, banche, acquedotti, cartiere, società elettriche, chimiche, di trasporti aerei marittimi e terrestri, di assicurazioni e, via via, sino al Casino di Montecarlo di cui la Santa Sede è notoriamente uno dei più forti azionisti.
           Certamente l'ing. Nogara, nonostante le particolari protezioni di coloro che si muovono anche nel mondo dei miracoli, non può arrivare a godere del dono dell'ubiquità e pertanto la Santa Sede ha provveduto a creargli attorno una rete di volenterosi collaboratori che sono stati distribuiti in decine di consigli di amministrazione con un compito che non è proprio quello di curare le anime.
           Accanto al nome di Nogara troviamo, nelle più varie combinazioni, alcuni altri nomi monotonamente ricorrenti, quelli del principe Pacelli, nipote dell'attuale Pontefice, che si dedica particolarmente all'attività immobiliare, con piccole variazioni su molini, pastifici, linee aeree ecc.; del marchese G. A. Sacchetti, le cui funzioni di Foriere Maggiore dei S.S. Palazzi Apostolici dei Cavalieri Segreti di Cappa e Spada, non gli vietano di essere personalmente proprietario di 25.000 ettari di terra nel Lazio e di rappresentare il Vaticano nel Banco di S. Spirito come presidente; dell'ing. Galeazzi, direttore generale dei servizi tecnici ed economici della Città del Vaticano, che cura, fra l'altro, la Società Acqua Pia Antica Marcia le cui azioni, pur essendo indubbiamente pie, sono sempre azioni che fruttano lauti dividendi. Ed ancora: il principe Aldobrandini, il patrizio pontificio Paolo Blumesthil, il duca Serra di Cassiano, il principe Borghese, il ministro Campilli (personalmente afflitto da 10.000 azioni della Società per le Condotte di acqua), tutta brava gente che, in rappresentanza della Santa Sede, bazzica in società con l'Edison, la STET, la TETI, l'Italcable, la Montecatini, la Banca Commerciale Italiana. il Banco di Roma, le Assicurazioni Generali Trieste, la Società Adriatica di Elettricità ecc. ecc.
           Del resto l'origine della potenza economica e finanziaria del Vaticano è preesistente al capitalismo. Già nel periodo feudale il Vaticano era uno dei più grandi proprietari terrieri ed oggi è, indubbiamente, con il suo mezzo milione di ettari di terra, il più grande latifondista italiano (o meglio il gruppo che, pur essendo straniero, più dispone di terra italiana). Con lo sviluppo del capitalismo esso ha adeguato la sua politica economica alle nuove strutture monopolistiche, ha modificato, come scrisse Togliatti nel 1929 in un suo magistrale studio, «la sua stessa organizzazione, i suoi metodi di lavoro e le sue armi per potere affermare il suo dominio nel mondo capitalistico».
           Dare delle cifre può sembrare una avventatezza: chi può valutare con sufficiente precisione l'enorme valore degli investimenti capitalistici del Vaticano che si ramificano su tutti i continenti? Forse un solo dato, che si riferisce a ciò che è alla luce del sole a Roma e quindi visibile anche ad increduli come i due tuoi amici, può offrire un punto di riferimento più chiaramente indicativo: a Roma la Santa Sede è il proprietario di case n. 1 poiché possiede oltre trecento miliardi di beni immobiliari (si intende palazzi non chiese).
           Il Vaticano è una potenza capitalistica che nei confronti delle altre potenze dispone di mezzi particolari — sui quali non è il caso qui di soffermarci — per esercitare la sua funzione di conservazione dell'ordine sociale capitalistico.
           Credo che, per riferirci solo a un fatto recente, alla luce delle centinaia di miliardi che fanno capo al Vaticano assumono un significato abbastanza preciso alcune dichiarazioni contenute in un documento pontificio, diffuso qualche settimana fa, in cui si affermava che può considerarsi assolto il compito di elevare il proletariato e di farne una categoria di cittadini ed aventi diritti nettamente stabiliti, in cui si insisteva sulla negazione per l'operaio del diritto di comproprietà al capitale dell'impresa e del diritto alla cogestione, in cui si lanciava il grido di battaglia della Chiesa contro la socializzazione di ogni cosa».
           Il capitalismo è sempre tale, anche se fiorisce entro le sacre mura di S. Pietro.




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