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Apricale
(1952)
Quassù, in questo piccolo paese, ci sentiamo spesso come dimenticati. Leggiamo sul nostro giornale i nomi di tanti bravi oratori del nostro Partito. Se venissero in questi paesini, nei quali più grave è l'oppressione clericale, quanto aiuto potrebbero darci! Voglio anche dirti che tempo fa è venuto qui ad Apricale un propagandista d.c. e ci siamo molto divertiti. Figurati che ha cominciato dicendo: «Cittadini di Perinaldo». Non sapeva neanche dove si trovava. (Ernesto Romagnone, Apricale, Imperia)
Permetti che ti confessi che questa lettera mi ha interessato anzitutto per il nome del paese da dove proveniva e spero che tu non me ne vorrai se mi riferisco a ricordi personali, anche perchè essi mi permettono di capire meglio quello che hai voluto dirmi.
Venni nel tuo paese molti anni addietro, giovane studente universitario, ospite di un mio compagno di studi, aprilcalese come te.
Ricordo che quel mio amico, mentre salivamo per una polverosa strada a tornanti, mi indicò, in cima ad un colle, isolato, un gruppo di case che rompevano la densa macchia degli uliveti. Mi disse il mio amico: «Vedi, lassù, quello è il mio paese. Una nostra leggenda dice che quando il buon Dio decise di seminare le città e i villaggi sulla terra, passando a volo su questo colle perdette dal suo sacco un piccolo seme. Così è nato il mio paese, in un posto che altrimenti non sapresti spiegare perchè sia stato scelto per costruirvi delle case».
E ricordo ancora una certa focaccia a base di ulive e di acciughe, nera di pepe, che si sposava benissimo con il vino di Dolceacqua, d'un tenero rosso.
Sono trascorsi molti anni, e tu caro compagno, mi hai riportato nel tuo paese dal nome pieno di sole, come a ricordarmi che le cose non sono cambiate troppo da come io le ho conosciute, come a volermi dire che il tempo passa invano sui colli delle nostre Prealpi.
Ma ciò non è, per fortuna, e tu lo sai. Qualcosa è successo in questi anni, qualcosa e successo anche ad Apricale, dove oggi semplici lavoratori come te sanno guardare oltre il loro colle e sanno che il mondo non è fermo, il mondo va avanti e che anche ad Apricale c'è da fare qualcosa per contribuire ad accelerare questa marcia in avanti.
Comprendo il tuo desiderio e quello degli altri lavoratori di Apricale di poter ascoltare la parola dei nostri compagni più amati e stimati. I bravi compagni che dirigono la Federazione di Imperia hanno certamente lo stesso vostro desiderio per aiutarvi e per essere aiutati essi stessi nel loro, difficile lavoro, come sarebbe desiderio di tutti i compagni, soprattutto di quelli più qualificati, quello di accelerare lo sviluppo della vita democratica portando la loro parola in ogni angolo del nostro Paese.
Non è quindi questione di volontà, è solo questione di valutare giustamente, per il più alto rendimento nell'interesse di tutti, come deve essere impiegato il tempo di questo o di quel compagno.
Tu, insieme con i democratici del tuo paese hai il tuo compito da svolgere fin d'ora. L'aiuto esterno è importante, ma non è determinante. Determinante è il vostro lavoro di ogni giorno, di ogni ora, come avete saputo fare sinora, secondo le direttive generali della nostra politica nazionale e il contatto diretto con la vostra realtà viva.
In quanto poi alla disavventura del propagandista d.c. non è il caso di meravigliarsi troppo.
Apricale o Perinaldo o qualunque altro paese o città per essi è sempre la stessa cosa. Poiché le storie che raccontano sono sempre le stesse.
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