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Confessioni
(1953)
Vorrei sapere da quale forza sono spinte le spie al servizio degli imperialisti americani, scoperte nei paesi di nuova democrazia, a confessare le più gravi colpe e a fare affermazioni come quelle che ho letto ne «l'Unità» del 28 gennaio u.s.: «Questo processo possa servire di avvertimento ad altri che si mostrano ciechi come noi stessi ci siamo dimostrati». Un nostro simpatizzante mi ha espresso molti dubbi sull'andamento di tali processi. (A. Piombi, Sestri Ponente)
Le democrazie popolari non esistono, sulla nostra stampa reazionaria, che per i «processi». Il lettore di quei giornali non conosce nulla delle profonde trasformazioni sociali ed economiche che avvengono in quei Paesi: sa però che vi sono dei feroci tribunali nei quali si svolgono allucinanti processi: da una parte vi sono degli automi - gli imputati - che per motivi non ben definiti si autoflagellano confessando spaventosi reati, dall'altra vi sono dei giudici di ghiaccio che emettono sentenze di morte con la stessa indifferenza con la quale un bigliettaio rilascia uno scontrino di viaggio.
Perciò per quanto questo tema dei processi contro traditori assassini e spioni sia stato ampiamente trattato dalla nostra stampa - in modo particolare l'Unità, Rinascita, Pace Stabile - non c'è da stupirsi se siamo insistentemente invitati a ritornarci.
Vorremmo anzitutto ricordare che si tratta di processi tecnicamente e formalmente ineccepibili. E' un elemento questo che deve essere sottolineato, non perché esso rappresenti un merito particolare dei governi di quei Paesi nei quali la giustizia, come ogni altra pubblica attività, è qualcosa di profondamente serio, ma perché i servizi delle agenzie americane che alimentano la stampa nostrana della catena atlantica, presentano quei dibattiti in termini completamente falsi e addirittura grotteschi.
Ho qui sotto gli occhi i volumi con gli atti di diversi processi e sono convinto che anche il più esigente proceduralista non avrebbe nulla da eccepire sullo svolgimento dei dibattimenti.
I processi sono stati effettuati, in genere, in grandi sale appositamente attrezzate - fuori dalle anguste aule dei palazzi di giustizia - per permettere la più grande affluenza di pubblico.
Ecco la descrizione dell'ambiente di uno dei più famosi processi, quello contro la banda Raik a Budapest: siamo nel grande salone della casa degli operai metallurgici di Budapest, ricco di marmi e di stucchi; in fondo il tribunale formato da un magistrato presidente e da quattro giurati (due contadini, un operaio tessile, un funzionario della radio); a destra il pubblico ministero, a sinistra gli otto avvocati difensori; gli imputati siedono su dei banchi, non ingabbiati, senza manette; fra il tribunale e il pubblico lunghi tavoli riservati ai giornalisti, una trentina, rappresentanti tutti i Paesi del mondo e corrispondenti di tutte le più grandi agenzie internazionali, per i quali sono state predisposte numerose cabine telefoniche, che permettano loro di comunicare, senza alcun controllo o censura preventiva, direttamente con Parigi, Londra, Mosca, Milano; nella sala e nelle gallerie centinaia e centinaia di uditori.
Cosa c'è di misterioso in un processo che si svolge praticamente in cospetto di tutto il mondo, cosa c'è di tenebroso in un dibattito che, parola per parola, giunge immediatamente sino a New York, a Londra, a Roma?
La caratteristica comune dei processi di questo tipo è la confessione dell'imputato: è questo l'elemento che dovrebbe essere sconcertante.
Precisiamo anzitutto che tutto quello che viene «confessato» appare già definitivamente provato nel corso dell'istruttoria del processo.
Ad esempio, sarebbe stato ben difficile per Raik non «confessare» i suoi legami con la polizia di Horty quando gli è stata presentata la fotocopia della dichiarazione da lui sottoscritta per ottenere la libertà, al tempo del suo primo arresto per propaganda comunista, con la quale si impegnava all'attività spionistica nel seno delle organizzazioni comuniste.
Gli imputati confessano quello che non possono negare.
Difatti la propaganda americana ha dovuto abbandonare, in questi ultimi tempi, la sciocca tesi delle «droghe». Non solo per la sua inconsistenza scientifica, ma perchè la realtà dei fatti si è imposta ed è apparsa a tutti ridicola la descrizione di uomini trasognati e addormentati portati ad un pubblico dibattimento, dinnanzi a centinaia di persone, dinnanzi a giornalisti stranieri in ansiosa attesa del «grande scandalo».
Non siamo affatto di fronte a stupefacenti «confessioni», non siamo di fronte a uomini fanatizzati da una specie di culto dell'autodenuncia, che squarciano improvvisamente i veli della loro complessa e vergognosa vita. Sono uomini portati davanti alla giustizia del popolo da atti di accusa non costruiti sulla «religione» delle confessioni, ma su prove e fatti irrefutabilmente precisati.
E poi perchè uomini che sanno di avviarsi verso il patibolo, uomini che, come afferma sempre la propaganda avversaria, non hanno più nulla da sperare, che sono stati costretti ad inventare «confessioni» sotto le torture, non trovano mai uno slancio di ribellione non approfittano della pubblicità del dibattimento, della presenza della stampa straniera, della presenza di centinaia di cittadini, per denunciare l'orrore e il terrore a cui sarebbero stati sottoposti? Perché queste «vittime della rivoluzione che divora se stessa» non hanno mai gridato la loro fede, non hanno saputo mai esprimere una frase che dimostrasse una loro fierezza ideale, perché questi uomini che, secondo le affermazioni della propaganda imperialista, avrebbero lottato per liberare il loro Paese da una feroce dittatura e per l'affermazione di un «vero socialismo» non hanno usufruito della tribuna loro offerta per levare alta la loro denuncia, una volta che sapevano segnato il loro destino?
Perché accettarono di tradire se stessi, come affermano i piagnoni dell'imperialismo, perché morire da traditori e non da eroi se veramente colpevoli non fossero stati?
Perché essi erano traditori, perché avevano vissuto da traditori e i traditori non possono che essere sommersi dal loro stesso fango.
In ben altro modo si sono comportati i combattenti puri per una idealità, in ben altro modo si sono comportati Dimitrov, dinnanzi al tribunale di Lipsia, Gramsci dinanzi al tribunale speciale fascista, i cento e cento fucilati della guerra di liberazione che non avevano nulla da «confessare» altro che il loro patriottismo e che il loro patriottismo hanno fieramente «confessato». In ben altro modo si comportarono i coniugi Rosenberg che anche di fronte alla morte non «confessano» crimini che non hanno commesso pur sapendo che solo in tal modo potrebbero aver salva la vita.
L'unico elemento con una luce di umanità è il tentativo di riappacificazione con se stessi che può apparire in qualcuno di questi sciagurati attraverso dichiarazioni come quella che tu ricordi. E' possibile che la liberazione a un terribile ingranaggio di congiure e di spionaggio, la raggiunta consapevolezza dell'enormità di un tradimento che tendeva a distruggere la conquista faticosa di tutto un popolo - e l'esempio di Tito traditore confesso non dinnanzi ai tribunali ma dinanzi alla Storia ne è la conferma in atto - abbia potuto trovare un riflesso anche in quelle coscienze distrutte da un passato di vergogna e di bassezza.
Ma ciò non è il punto di partenza, è il punto di arrivo; ciò si manifesta quando tutto è stato svelato e quando il quadro completo di una attività ignominiosa è apparso dinanzi agli occhi dei protagonisti come essi stessi forse non conoscevano.
Costoro che dubitano sulle verità dei processi di cui stiamo discutendo crederanno, almeno, alle testimonianze della parte avversa. Tali dubbiosi potrebbero leggere il libro «La Coppa e il pugnale» scritto dal tenente colonnello Ford e dal comandante Mac Batu, agenti dell'O.N.N., la potente organizzazione americana di spionaggio, in cui sono ricordati i legami creati da Allan Dulles (fratello del forsennato Foster Dulles, responsabile ufficiale delle criminali azioni di sabotaggio e di spionaggio dirette contro i Paesi a democrazia socialista e a democrazia popolare), durante la seconda guerra mondiale, con «elementi di sinistra» operanti nei partiti comunisti o nelle forze della Resistenza.
Non esiste dunque alcun mistero sulle «confessioni». Esiste una giustizia popolare che vigila e che colpisce e che, attraverso processi altamente solenni e seri come sempre dovrebbero essere tutti i processi, riafferma la supremazia dei più alti valori ideali dell'umanità sulla infamia del tradimento.
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