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Operai-giornalisti
(1953)
Dopo i preti-operai ho sentito parlare, a proposito dei giornali di fabbrica, di giornalisti operai. Anche qui siamo di fronte a tentativi di esperienze vive nelle fabbriche, di uomini che si sono formati in altre attività? (Mario Farinelli, Via Rivarolo - Genova)
Forse basterebbe usare il termine esatto «operai-giornalisti» al posto di quello da te usato di giornalisti operai per cominciare a mettere le cose a posto.
Bisogna però intenderci.
Esistono dei giornali di fabbrica di origine padronale che, sotto il manto della spicciola informazione, del raccontino più o meno letterario, della trattazione anche solenne, di problemi economici e delle varie cronachette rosa della vita aziendale, nascondono il loro vero scopo che è quello di addormentare la coscienza di classe e di ostacolare lo sviluppo politico dei lavoratori.
Si può dire che non vi sia grande azienda in Italia che non abbia il suo giornale o la sua rivista, di origine padronale, compilati da giornalisti che della fabbrica conoscono solo l'ufficio dell'amministratore da cui ricevono direttive e l'ufficio cassa.
Si tratta in genere di bellissime pubblicazioni a rotocalco, in cui si trovano le firme di Vittorini, di Monelli, di Marotta, di Emanuelli, di Gotta, di Milly Dandolo e persino quella di Libero Lenti, collaboratore economico del «Corriere della Sera», ricche di disegni di autori famosi, presentate col più melato tono familiare («Puntualmente ogni mese — è scritto su una pubblicazione dell'Ilva — queste pagine discrete e amiche vi giungeranno in casa, vi aiuteranno a sentire vicino voi chi, come voi, vive della vostra stessa fatica, vi porteranno un pensiero gentile, un sorriso anche, capace a volte di schiarire un po' il buio che in certi momenti intristisce il cuore»), giornali e riviste in cui fra un fumetto e l'altro si fa emergere la «cara e paterna» figura del padrone («C'è caro pensare che quando, al termine di affaticanti e laboriose giornate, Egli cercherà un po' di riposo nell'intimità della propria casa e nell'affetto dei suoi cari la forza per riprendere la lotta il giorno dopo, anche la nostra fiamma sarà accesa e si accosterà umilmente a quell'altra grande, per dirle che fervido e immutabile è accanto a Lui l'affetto dei Suoi veterani»: così il mensile, della Snia-Viscosa parla del fascistissimo Marinotti, di colui — scusate se non scrivo «colui» con la maiuscola — che alle tante benemerenze patriottiche del passato sta cercando di aggiungere ora la smobilitazione della Pignone di Firenze).
Queste pubblicazioni sono distribuite gratuitamente e vengono spedite, a domicilio, a tutte le famiglie dei dipendenti anche con lo scopo di influenzare, con i falsi sentimentalismi, con la letteratura rosa e con un ipocrito paternalismo, le coscienze meno solide dei familiari e di indebolire quindi il fronte di lotta dei lavoratori.
Tutto ciò non ha nulla a che fare con il giornalismo di fabbrica, tutto ciò è bassa corruzione e quei giornalisti che passano la loro firma dalla grande stampa borghese alla cosidetta «stampa minore» delle aziende degli stessi padroni non fanno altro che continuare a svolgere lo stesso compito e a riscuotere alla stessa cassa.
Quando noi parliamo di giornali di fabbrica parliamo di quei modesti fogli con le testate talvolta mal disegnate, con una impaginazione che potrebbe far arricciare il naso a qualche vecchio proto, i cui «menabò» vengono disegnati sul rovescio di qualche foglio di servizio, la cui redazione è sparsa in tutto lo stabilimento e i cui correttori sono gli stessi responsabili della pubblicazione.
Ma questi giornali esprimono non solo l'istanza politica e sociale del mondo del lavoro, degli operai — i protagonisti della nostra epoca storica — e dei loro alleati, ma lo stesso travaglio della nostra cultura, trasformata dall'attuale classe dirigente in palestra di inutili aristocratiche esercitazioni e che deve essere riportata alle fonti genuine della ispirazione.
Gli operai-giornalisti che non sono quindi giornalisti operai — sono aspetti dell'umanità nuova che ha già formato il suo volto nelle fabbriche e nei campi e i giornali scritti dai lavoratori raccolgono la voce onesta che si leva dalla speranza e dalla lotta di quel mondo del lavoro che la nostra Costituzione ha posto a fondamento della convivenza nazionale.
E' perfettamente aderente alla situazione storico-politica del nostro Paese lo sviluppo che sta prendendo il giornalismo operaio: è matura l'esigenza di inserire organicamente nella vita nazionale — anche sul piano giuridico — questa limpida espressione di capacità, di volontà costruttiva, di sensibilità democratica, di responsabile partecipazione ai problemi vivi del Paese.
Per questo il prossimo Convegno Nazionale della Stampa operaia che si terrà a Milano rappresenterà indubbiamente un momento di grande importanza per lo sviluppo di un movimento che, per quanti ostacoli possa trovare sul suo cammino, procede avanti con la forza che sempre hanno i movimenti sani e giusti.
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