Umberto Adamoli (1878-1962)
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Tra i fratelli di mio nonno Federico si distinse particolarmente nella vita il colonnello Umberto (1878-1962) che fu finanziere decorato nella prima grande guerra, podestà di Silvi e di Teramo, e che si cimentò anche come scrittore di romanzi e copioni teatrali, oltre ad aver lasciato delle preziosissime memorie di famiglie (sul sito di famiglia è presente una sezione molto ampia a lui dedicata).
Egli, pur non avendo potuto ricevere una istruzione regolare, mostrò un grande interesse per la cultura, che riuscì a migliorare in età adulta, studiando da autodidatta. Da bambino era predestinato ad entrare in seminario, ma alcuni gravi rovesci di famiglia cambiarono il suo destino. Si mostrò sempre come persona estremamente religiosa, però la sua inclinazione alla riflessione filosofica gli instillò il seme del dubbio, che forse non lo abbandonò mai. Mi piace pubblicare questa lettera, indirizzata nel 1953 ad un suo amico, un tale Cagianelli, dove egli confessa apertamente il dubbio religioso dal quale è afflitto.
Teramo, 29 aprile 1953
Caro Cagianelli,
tempo fa tu mi scrivesti che il nostro temperamento, il nostro sentire, i nostri ideali, il nostro gusto letterario si somigliavano. Oggi ti debbo dire, e mi dispiace disingannarti, che anche nella quistione religiosa ci troviamo sulla stessa via. Adolescente ancora, mentre seguivo in chiesa la mia santa mamma, fui preso dal dubbio, senza più riuscire a trovare un punto, in cui quietare il tormento del mio spirito.
Talvolta, dal buio, il mio animo sale nell'altezza dei cieli, vi si immerge, gode, si esalta nelle meravigliose bellezze viste dalla fantasia, avvolta di misticismo, ma dopo ricade, avvilito, nei miasmi terreni.
Tre anni or sono tornavo da Bari, in direttissimo. Dal finestrino del treno osservavo una luce, dal color di fuoco vivo, che giuocava, come una manifestazione di divinità, tra alti alberi. Guardavo, guardavo con l'anima abbagliata da quella luce celestiale. Intanto, mentre il treno correva, il sole scendeva a tuffarsi, a sprofondarsi, con i suoi raggi di fuoco, nelle onde commosse del mare. Anche il mio spirito, dopo quello sprazzo di luce, rientrava nel buio della notte, caduta sul tormento umano.
Ecco come vivo, amico. Ho cercato nelle chiese di tutti i popoli, ho interrogato i filosofi antichi e moderni, mi sono intrattenuto con i grandi credenti e con i grandi convertiti, da san Paolo a Parini (?), senza scoprirvi un raggio di sicura luce.
Anche Einstein non mi ha troppo persuaso, quando dice che Dio non giuoca a dadi, affermando che l'universo, nella sua armonica unità, dalle galassie smisurate agli atomi indivisibili, non sia frutto di un caso accidentale, ma l'opera ordinata e perfetta di un Creatore.
E sta bene. Ammettiamo, senza discutere, l'esistenza di questo grande, immenso, divino Creatore, che noi chiamiamo Dio, la nostra anima, lasciato questo mondo, dove va a finire? Sopravvive alla materia o rientra nella materia? Dalle opinioni dei grandi iniziati, da Krishna a Mosé, da Platone a Gesù, con le rinascite o con il purgatorio per la purificazione, quale opinione s'avvicina di più al mistero della vita e dell'oltretomba?
Eppure, amico, pur nel dubbio, io vivo nel costume, nella serenità del più perfetto credente. In me debbono vivere due anime, certamente: l'anima mia personale e l'anima della mia religiosissima santa mamma. E vivo, e sento, e parlo nella purezza di questa seconda anima. E traggo in inganno.
Una volta mi trovai a discutere con un Vescovo, un Parroco e con la Superiora dell'Asilo Infantile da me fondato a Silvi. Quando la Superiora si ebbe a incontrare con la mia santa, le disse: "Suo marito, più che il Parroco, più che il Vescovo, faceva vibrare in tutta la sua bellezza, l'anima religiosa".
E con questo spirito sono stati scritti i drammi, di cui ti ho già parlato, riscuotendo l'alto plauso del clero e del Vescovo di Teramo.
Con questo spirito vivo, con questo spirito insorgo contro il materialismo e contro i materialisti che cercano di turbare, come turbano, coloro che, nella dolorosa esistenza, trovano conforto nella fede. E vado avanti.
Speriamo, amico Cagianelli, che anche sulla nostra via buia baleni la luce che ebbe a balenare a san Paolo sulla via di Damasco, e che si acquisti quella fede necessaria a fugar il tormento del dubbio.
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