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concordi, benché non avessero obe tremila nomini in campo. Però quella porzione dell'esercito venetò che si trovò alle prese in quella giornata, pugnò valorosamente, ubbidì ai condottieri, non indietreggiò d'un passo, e mori ferma al suo posto, vittima dell'altrui impeto e dell'altrui superiorità nei capitani.
Dopo la rotta dei veneti, Bergamo, Brescia, Crema e Cremona spalancarono le porte ai francesi , che inalberaron le loro insegne sui confini della Chiaradadda , i quali confini erano stati assegnati nell'Atto ufficiale di divisione. — Così rapida con-
Suista fu segnalata dal Re francese con inaudite cru-eltà. Fece appendere alle forche i governatori veneziani di Caravaggio e di Peschiera : il presidio e gli abitatori di queste fortezze mandò a fil di spada. Con enormi prezzi di riscatto impoverì que'gentiluomini veneziani, eh' erano caduti vivi in potere di lui. Colà era squallore; i bolognesi n'ebbero avviso, e riograziaron la provvidenza d'essere in protezione del Pontefice, che mai non usa della vit-* toria per esterminio de'popoli, ma sibbene per conservazione de' proprii diritti.
£ mentre questo avveniva oltre Po, fece ritorno a Bologna il Cardinale di Pavia, che diedesi pensiero di allestir genti per combattere i veneti nelle Romagne, a nome del Papa. Al qual fine di radunar gente, passò egli quasi tosto nella Marca d'Ancona, lasciando per Governatore di Bologna Simone Bonadies Vescovo d'Imola. E poiché furono raccoz-ssati da ogni banda dello Stato militi e munizioni bastanti per la guerra, il Duca d'Urbino Generale di Santa Chiesa, il quale ne aveva il governo, passò con tutte sue genti nella Romagna propriamente tale, ed in brev'ora acquistò molti di que'luoghi eh' eran difesi dai veneti. I Ravegnani stettero non breve tempo in conflitto; ma dopo lungo contrasto, conoscendo che senz' aiuto d' amici non potrebbero a lungo sostenersi, si resero a'patti: e il Bentivo-glio, che poco o nulla vi operò, fu licenziato dal
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