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accenni punto alla data di essi, e tanto meno alla differenza tra il calendario astronomico e il comune. E badiamo ! Colui, che riferisce le parole di Cai-meta, è Idalagos, ossia Giovanni Boccaccio, il quale, al bel principio del romanzo, aveva indicato il giorno del suo innamoramento nella chiesa di S. Lorenzo con una circonlocuzione in linguaggio astronomico, — su per giù identica a quella usata da Galeone nel-VAmeto — la quale qui avrebbe potuto avere opportunamente la spiegazione esatta, se di spiegazione avesse avuto bisogno; se fosse stata quell'enigma astrusissimo, ehe alcuni vogliono. Badiamo, inoltre: fra tante citazioni dantesche, nella lezioncina di Cai-meta, manca precisamente la più opportuna, la meglio calzante; quella della « centesma,ch'era quaggiù negletta » sì che, a lungo andare, Gennaio si sarebbe tutto « svernato ». Lo stesso Dante, suo « maestro » da' primissimi anni, dava al Boccaccio il non trascurabile esempio di amar Lia e seguir Marta; di conoscere le conseguenze dannose del negligere la « centesma », e di non tener conto di essa nella cronologia del suo poema.
In conclusione, non metto in dubbio che il Boccaccio conoscesse la differenza tra i due calendari; ma non credo che, per indicare il giorno, in cui vide Fiammetta, avesse punto pensato a seguire il calendario astronomico. In verità, egli non si era proposto di determinare la data dell' equinozio di primavera; voleva semplicemente indicare quel benedetto sabato santo, che anche Fiammetta non poteva aver dimenticato. Non scriveva egli per gli astronomi, per i dotti; scriveva per Fiammetta, la quale, per quanto si sa, non aveva frequentato le lezioni, nè letto i libri di Andalone del Negro.