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lavi gli uomini a guerra con acerbe parole: mani, piedi, e capi degl'inimici troncando, li inchiodavi negli scudi de1 tuoi, ed appiccando fuoco alle case nemiche, ti dilettava le fiamme inestinguibili starne a vedere. Assoldati cavalieri e fanti, con serragli e ripari di legno afforzando intorno intorno le case, e traverso le vie lunghe catene tirando, il passo negavi agli assalitori; ed anche di balestre, balestrieri e frombolieri provvisto, obbligavi a tenersi lungi le schiere nemiche, e con maravigliose orazioni i cuori umani a crudeltà disponevi. Ed oh quante si dicean più cose, per le quali maggior forza acquistava empietà! Ciò udendo, a cagion di dolore le viscere si commossero del cor mio; e prima di credere, volli due e tre volte con giuramento riudirne il racconto; ma già miserabilmente le cose narrate credendo, allontanatomi un poco dai narranti, a pensar di te cominciai così: — Qual mai furore lo mosse?
...Essendo che la sincerità di perfetta divozione domandi che si ricorra, in caso di bisogno, a' compagni ed amici, senza vergogna di scoprire a' pietosi occhi loro le piaghe segrete, non ipicciol dono ti chiederò. Venuto, da non è gran tempo, casualmente alle mie mani il bellissimo libro, che le fraterne schiere e la guerra tebana in versi descrive, a competente prezzo il comprai; ma non potendolo intendere bene senza maestro, o senza note, mi ricordai della tua Tebaide, e mi proposi di chiedertela all'amichevole colla presente. Ti prego dunque affettuosamente di volermela prestare sin che ne faccia brevemente ridurre le note nel libro mio, e poi te la rimanderò; lo che, mentre sarà per me favore grandissimo, spero che ora non t'incomoderà. Servi dunque un amico desiderante di potersi impiegare per te; fa' presto quel che vuoi fare, perchè servizio lesto, servizio doppio. So che se ti fosse noto come tutte insieme ed in solido mi tormentino Venere, Giunone, e Rannusia, mosso per ogni verso a pietà, me l'invieresti senza ritardo; che più non restami altro conforto, se non che, vedute le mie lezioni di Decretali, sottraendomi quasi infastidito a loro, cercare altri libri, e leggendo li scorro da pellegrino e non da ospite del castello; e nel leggere le pene altrui, secondo il detto comune:
A' miseri è conforto aver compagni,