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Per la biografia di Giovanni Boccaccio

Francesco Torraca
Società Editrice Dante Alighieri, 1912, pagine 432

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   per esser partecipe della felicità del tuo Grande; e nella lettera mia, innanzi ch'io venissi, chiaramente protestai ch'io non potrei sofferire quelli. Perchè non dunque, se questo non era all'animo di Mecenate, non m'era negato l'andare? Nondimeno io non desiderava quello che tu pensavi; perocché, se io sono di vetro al giudizio tuo, io non sono uomo goloso, nè trangugiatone, nè ancora per troppa mollezza ef-femminato. Io non t'arei chiesto vini di Tiro, ovvero di Pontico, ovvero quelli che sono più presso, vini del monte Miseno e delle vigne dello Abruzzo o delle vigne di Lombardia succiare. Io non t'arei chiesto uccelli di Coleo, d'Or-tigia, non fagiani o starne, non vitelle o capretti di Sur-riento, non il porco salvatico di Galidonia vinto da Meleagro, non 1 rombi del mare adriatico, non l'orate o l'ostriche condotte dalla chiusura di Sergio Orata (1), non le mele di Esperia, non le vivande degl'imperaidori, non le piume di Sarda-napalo, non i guanciali della reina Didone, non letto ornato di porpora, non la casa d'oro di Nerone Cesare; non lusinghieri, non citaristi, non fanti colle chiome ricciute, non i baroni del regno. Queste delizie e del tuo grande Mecenate, e di coloro che lussuriosamente hanno sollecitudine della gola, si siano. Ma arei io voluto quello che spessissimamente domandai, cioè una casellina rimossa da' romori de' ruffiani garritori, una tavola coperta di netti e onesti mantili, cibi popolareschi, ma nettamente parati; e con queste cose così temperate, volgari vini e chiari, e in netto vast, e dalla diligenza del celleraio conservati; uno lettic-•ciuolo, secondo la qualità della mia condizione, posto in una camera netta: queste cose non sono troppo di spesa, nè sconvenevoli.
   Se tu non lo sai, amico, io sono vivuto dalla mia puerizia infino in intera età nutricato a Napoli, e intra i nobili giovani meco in età convenienti, i quali, quantunque nobili, d'entrare in casa mia nè di me visitare si vergognavano. Vedevano me con consuetudine d'uomo e non di bestia, e assai dilicatamente vivere, siccome noi Fiorentini viviamo; vedevano ancora la casa e la masserizia mia, secondo la misura della possibilità mia, splendida assai. Vivono molti di questi, e insieme meco nella vecchiezza cre-
   (!) Anche qui il Boccnceio si ricorda di Valerio Massimo, IX. 1.