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un fanciullo con mille bugie? Non son' io suto costretto dalle villanie e schifiltà vostre ad abitare l'altrui case? Veramente sono; e noi puoi negare, benché tu vogli. E benché queste cose sieno gravissime a sostenere, quando me versare, o rompere, o furioso mi vedesti tu? Io confesso ch'io mi sono rammaricato teco, ma sanza remore e sanza tumulto, con voce mansueta e quasi con tacito parlare. È questo costume d'uomo di vetro essere sei mesi con taciturnità tirato da tante bugie? Tu aresti forse voluto che io, guidato dallo esemplo tuo, avessi sino al fine della vita sostenuti questi fastidi. Non mi penso però ch'io fussi detto meno di te paziente, acciocché colla pigrizia mia io rendessi te scusato. Tolga Iddio questa vergogna da uomo usato nelle cose della filosofìa, dimestico delle Muse, e conosciuto da uomini chiarissimi, e avuto in pregio, che a modo delle mosche, con aggirar continuo, attorniando vada ora le taverne del macello, ora quelle del vino, cercando le carni corrotte e '1 vino fracido portando la taglia in mano, ì fornai visiti e i farsettai, e le femminelle che vendono i cavoli, per portar esca ai corbi comperati con picciolo pregio. Non è a me cotale animo; non mi mandò ancora così sotto la fortuna, benché il tuo Mecenate mi v'abbia voluto mandare. Tu mi potresti già udir dire a lui che me non tiravano i pastorali de' pontefici, non le prepositure del pretorio, dal disiderio delle quali sono tirati molti con vana speranza, e in ciascuno vile servigio sono lungamente ritenuti. Oltre a ciò non è a me, come a molti, sozzo e abhomi-nevole amore, fra gli omeri d'Atlante (1), nel comportare ogni disonesta cosa. A me è desiderio d'onesta vita e d'onore, al quale, tolga Dio che, per sì abbominevole sceleratezza, io creda che si vada. Non adunque sono di vetro, se, avendo io sostenute alquante cose da non dire, più oltre sofferire non le potei.
(') Il periodetto non dà senso; ma a me pare d'indovinarvi un'allusione ad Atolanta e alle umiliazioni, che, per amor di lei, sopportò Milanione: il Boccaccio anche nel Filocolo ne fa cenno. Cfr. Ovidio, Art. amat. III, 775:
Mi'anion umeris Atalantes crura ferebat.