- 409 —
XII. — RI Petrarca (1).
Per veder te, o inclito maestro, da Certaldo a Venezia, dove allora tu eri, il 24 di marzo men venni; ma in Firenze le continue piogge e le dissuasioni degli amici e il timore dei pericoli del viaggio, messo in me da molti che torna vano da Bologna, tanto mi trattennero che, per mia grandissima disgrazia, tu richiamato andasti a Pavia. Il che avendo udito, non senza mio dolore, quasi dal proposito mi rimossi, chè di rimovermi aveva giustissima ragione. Poiché, sebbene desiderassi vedere ivi molte cose, le altre non mi avrebbero mosso da principio. Certo, per non ingannare la speranza di alcuni amici, i quali avevano commesso alla mia fede di compire alcuna ardua loro opera, e poiché mi sollecitasse il desiderio di vedere almeno quei due che tu sommamente ed a ragione ami, la tua Tullia, io dico, ed il suo Francesco (2), che prima non aveva veduti, mentre gli altri a te cari finora, come io penso, avevo veduti e conosciuti; fatto il cielo più mite, il cominciato viaggio ripresi, e con mia grande fatica trassi a termine: e dove con massima letizia mia inopinatamente trovassi Francesco, penso che egli stesso te l'abbia detto. Io poi dopo festosi ed amichevoli saluti, dopo aver saputo che tu eri sano e salvo e molte altre cose liete tutte di te, presi meco stesso a considerare la persona di lui grandissima, la placida faccia, le composte parole, i miti costumi, e meravigliai e rallegrai di aver veduto; al primo intuito, lodai la tua scelta. Ma qual cosa tua o da te fatta non loderei io? Finalmente, lasciatolo per allora, perchè cosi dovea fare, alla punta del giorno salii la mia barchetta, e appena trovato il lito veneto, discesi, e quasi avessi mandato ad annunziarmi, subito alcuni dei nostri concittadini mi fu-
(!) Come per le lettere VII e VIII. mi valgo della traduzione det Corazzini per questa e per le seguenti ; ma procuro come meglio posso di emendarla dove troppo si discosta dal testo latino, esso stesso non sempre sicuro.
(2) F. di Brossano, genero del Petrarca.