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Per la biografia di Giovanni Boccaccio

Francesco Torraca
Società Editrice Dante Alighieri, 1912, pagine 432

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   rono intorno; e mentre ciascuno per parte sua faceva molte preghiere a fin che, nella tua lontananza, divenissi suo ospite; stupii, e spacciatomi per le generali di quelli, malgrado pure di Donato nostro, me ne andai con Francesco Allegri, in compagnia del quale, e sempre da lui meravigliosamente onorato, era da Firenze fin lì venuto, affinchè non sembrassi aver contraccambiato con un dispiacere al giovane amico l'onor ricevuto. E ciò ti sia detto con tante parole, onde m'abbi per iscusato se, quello che con mirabile liberalità con la tua lettera tu mi offerì, questa vola non abbia accettato. Chè se pur nessuno degli amici ci fosse stato, che avesse accolto me forestiero, sarei andato ad una locanda piuttostochè albergare presso la Tullia, assente il marito. Imperocché, sebbene tu in questo e in molte altra cose abbi conosciuto l'initegro animo mio verso le cose tue, non così tutti gli altri il conobbero, ed anzi, lasciando da parte la mia fede, molto del sospetto dovessero togliere il mio canuto capo e l'età più provetta e il corpo reso invalido dalla troppo grassezza, pensai attenermene, affinchè il falso sospettare degli opinanti sempre in peggio non notasse vestigio colà, dove affatto non era impresso : tu sai bene che in tali cose vai più l'avversa e mendace fama che la verità.
   Dopo ciò, riposatomi alquanto, me ne andai a salutare la Tullia. La quale, non sì tosto ebbe sentito il mio arrivo, come se fossi tornato tu, lietissima mi venne incontro, e alquanto di un certo lodevole rossore accesa, appena me veduto, abbassati gli occhi a terra, con una tal quale modestia e figliale affezionisi, con saluto decente, corse ad abbracciarmi. 0 buon Dio, subito capii il comando e conobbi la fiducia, e meco stesso mi allegrai dell'essere così tuo; ma dopoché alcune delle solite cose parlammo, nel tuo orticello, presenti alcuni degli amici, sedemmo. Quivi con più esplicito e placido discorso, la casa, i libri e le tue cose tutte offerì, e quanto era in essa, serbata sempre la matronale gravità. Quindi tra queste offerte, ecco con più modesto passo che all'età non convenisse, venir la Eletta tua, mia diletta, e, prima che sapesse chi fossi, ridendo mi guardò. La quale io non solo lieto, ma avido mi tolsi in braccio, a prima vista immaginando fosse la bambina che io ebbi. Che dirò? Se non credi a me, credi a Guglielmo da Ravenna medico e a Donato nostro, che erano presentì,