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fondo del ventre e al destro inguine tutto invase, per lo che sperando che ne uscirebbe la febbre con quell'ardore, incominciai alquanto più pazientemente ad aspettare la inerte. Ma quando mi accorsi che io aspettando indarno me ne andavo, memore dell'incendio di Fetonte, presi a temere che per quel fulmine fossi ridotto in cenere, e paventar quella morte che prima desiderava. Frattanto dopo lungo aspettare s'accese il giorno e, chiamati alcuni dei miei amici contadini, dichiarai il caso. Si meravigliarono tutti, e non avendo che somministrarmi, si persero in consigli. M'esortarono a chiamare il medico, che io disprezzava come inutile, solito di affidare alla natura la cura di qualsiasi malattia fino a quel giorno.
Finalmente, perchè non paresse il facessi più per avarizia che per sinistra opinione dei medici, lo chiamo. Noi credere un nuovo Apollo, che prima si dice conoscesse ia virtù delle erbe, o l'Epidaurese Esculapio, o, più giovane di questi, Ippocrate da Chio; ma uomo avvezzo a curar contadini, te: pure assai affabile e prudente. Egli, vista quella ignea macchia, indizio d'infiammazione al fegato, esser d'uopo egli disse di cacciar subito fuori le materie superflue e nocive, e quel male aver bisogno di sollecita cura, per la quale guarirei incontamente, ma se la si differisse di un solo giorno, fra quattro giorni morirei, e ne adduceva la ragione. Temei, lo confesso, e ordinai eseguissero l'ordine del medico, senza, indugio. Si apparecchiano a scarnificarmi gl'iistrumenti, il ferro e il fuoco, e accese le fiaccole, e nella mia. carne infitte ed estinte, e finalmente tolte, e col rasoio nelle stesse parti inaanzi bruciate incisa la pelle con ispessi colpi, di nuovo, non senza grandissimo tormento, si appongono. E così traendo fuori, non desisterono prima che molto sangue emungessero, anzi, come il medico asseriva, il mortifero veleno. Dopo ciò, sei risanato, mi disse il medico; ed io facilmente il credei, perchè se ne era. andata col sangue molta di quella infesta febbre, e mentre nelle due notti precedenti non aveva chiuso occhio, in quella, abbandonato al sonno, presi un poco di riposo. Di qui prima a me venni: qualche speranza di futura guarigione, e finalmente di giorno in giorno si accrebbero e in,sensibilmente ritornarono le antiche forze, cosicché la mano, sebbene debole, come puoi vedere, regge la penna.
Ma veniamo a cose più allegre. Seppi che tu bai cele-