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Per la biografia di Giovanni Boccaccio

Francesco Torraca
Società Editrice Dante Alighieri, 1912, pagine 432

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   - 421 —
   verno, io lodo, se non abbi miglior bisogna; ma non lodo certamente che tu abbi permesso che le inclite donne dà casa tua leggano le mie bazzecole, che anzi ti prego di darmi parola di non farlo. Sai quanto in quelle è di meno decente e contrario all'onestà, quanti stimoli ad infausta Venere, quante cose che sospingono a scelleraggine i petti sebbene ferrei, dalle quali se non sieno spinte a incestuoso atto donne illustri, e quelle specialmente nelle cui fronti siede il sacro pudore, tuttavia si insinuano insensibilmente bollori solleticanti, e talvolta fanno impudiche le anime e le ammorbano e irritano con la oscena tabe della concupiscenza: il che è da procacciare che per niente avvenga, poiché non a loro, ma a te sarebbe da imputare, se mai cosa meno decente pensassero. Guardati adunque di non farlo, tei ripeto : per mio consiglio e preghiera lascia quelle cose ai giovani che vanno in cerca delle passioni, ai quali in conto di gran cosa è se ^abbiano voce d'aver essi con la loro petulanza macchiata la pudicìzia di mplte matrone. E se il decoro delle tue donne non vuoi rispettare, rispetta almeno l'onor mio, se così mi ami da versar lacrime sopra i miei patimenti; imperocché le leggenti mi stimeranno un sozzo ruffiano ed incestuoso vecchio, impudico, turpiloquo, maledico, ed avido divulgatore delle scelleraggini altrui : non essendo dovunque chi a mia scusa sorga e dica : — Giovane scrisse e costretto dal comando di chi molto poteva (1). —- Queste cose poi quanto convengano alla mia età ed ai miei studi tu sai, e benché poco onesto io sia e molto meno già fossi, non vorrei di leggeri ohe pel giudizio di tali donne si macchiasse la mia fama o il mio nome. Ma che più? io non dubito che tu sii per far ciò che ad esse, a te, e a me pio e santo sarebbe.
   Venendo ad altro, egregio cavaliere, io vedo che tu superi i miei bisogni coi tuoi doni, e ti mostri assai famigliare con la magnanima regina, e, dismessi i costumi della fiorentina pusillaminità, imbevuto dei iregi. Mi spedisti un aureo vasetto pieno di monete d'oro, splendido regalo e degno di uomo più grande che io non sono; e sebbene mi sia venuta improvvisa l'importuna necessità della mia malattia, tut-
   (') Iutenis seripsit, et maioris coactus imperio.