Stai consultando: 'Per la biografia di Giovanni Boccaccio ', Francesco Torraca

   

Pagina (424/434)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (424/434)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Per la biografia di Giovanni Boccaccio

Francesco Torraca
Società Editrice Dante Alighieri, 1912, pagine 432

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Home Page]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   - 425 —
   Da questa perplessità era moltissimo tormentato, non sapendomi io decidere nè per questa parte nè per quella. E mentre questi diversi pensieri mi combattevano, non so come, venne alle mie orecchie il venerabile nome del religioso uomo Ubertino dell'ordine dei Minori, maestro di Sacra Teologia, tuo concittadino, del quale uditi i meriti e saputo che trattenevasi in quel tempo in Napoli per diffìcili affari del tuo e suo re, venni nel desiderio di conoscere un uomo tanto cospicuo, essendoché fin dalla infanzia, oltre le forze della tenerella età, di simili cose fossi avidissimo. Non indugiai punto. Per offerirgli la debita reverenza, a lui mi presentai, e scoperto il capo, guardatolo prima un pochino, il più devotamente ed umilmente che potei lo salutai. Egli poi venutomi incontro con una certa grave dignità, con lieta faccia, con dolce parlare, con lode-vol garbo di modi m'accolse. Sedemmo in fine, lui imponendolo, e mentre pien di meraviglia le sue parole accoglieva, pensai sotto la sua lingua fosse di quel miele ibleo, che già nella bocca di Platone bambino dormiente cumularono le api, con tanta lusinghevol dolcezza dal suo labbro discorrevano melite parole. Dalla qual soavità di favellare preso, comunque a me fosse gravissimo giacché dal lido del mare dovessi quasi al sommo della città salire, là dove un tempo, come credono alcuni antichi, fu l'insigne tempio di Apollo, oggi santuario abbastanza popolare dedicato al vero Dio sotto il titolo di Paolo Apostolo — imperciocché ivi egli abitava presso i suoi frati dimoranti accanto la Chiesa di San Lorenzo — potendo appena andare a piedi gravato dalla mole corporea, nè avevo giumento che mi vi trasportasse, per istrettezza di mezzi, come aiuto mandatomi dal cielo lo presi a visitare di tanto in tanto. Egli poi, come penso, uomo pieno di Dio, dopo che ebbe scorta in .me una tal quale affezione, siccome a me parve, tolse ad aprire l'anima ripiena di divinità, dischiudere il grembo della natura, e quasi da ricchissimo archivio delle umane vicende produrre le geste degli avi, talora con tanta eleganza di dire, che a sé tutta la mia anima tua èva e teneva. Mentre adunque per sollievo della mente, che da lui pendeva, per alcuni dì visitai questo divin uomo, ed egli dalle mie parole seppe su che versassero le mie fatiche, credo per farmi più animoso al lavoro, il tuo nome onorabile, da me non udito fino allora, allegava, e con discorso non interrotto toccava di