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Per la biografia di Giovanni Boccaccio

Francesco Torraca
Società Editrice Dante Alighieri, 1912, pagine 432

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   — 42H —
   del libro, e reputando una puerilità il presentarlo a te mentre forse per dimenticanza punto accennavi all'offerta che ti feci, mutai consiglio. Nè di ciò feci altra parola nè a te nè ad altri, anzi mi era proposto di tenerlo chiuso tanto che lo avessi emendato in quello che a me pareva. Finalmente venendo già il termine del mio viaggio, non ricordo come, avvenne che lo vedesse il sopradetto Ugo, cui certamente non posso negare nulla di ciò che imponga. Egli con moltissima insistenza, preghiere e buoni modi, contro mia voglia quasi, mi costrinse a lasciarglielo finché ne avesse tratta copia, il'che quanto malvolentieri facessi, solo Iddio vide dal cielo. Peraltro promise quell'egregio uomo ch'ei non sarebbe per darne copia a chicchesia, se non avesse aggiunto e mutato nel suo esemplare quello che io avrei cambiato nel mio. Infine in qual modo a te venissero quelle parole già dette e il libro, io non so, e mi dolgo non già perchè abbi visto il mio libro, tu, cui i precordi e tutta la mia anima mostrerei volentieri potendo, ma perchè innanzi tempo venne alla luce, da che in esso alcune cose conosca essere da togliere, parecchie da aggiungere e moltissime da mutare. E, quello che è a me gravissimo, non gei-mia liberalità, ma per concessione altrui è divulgato tra molti a quel ch'io n'odo; così che mi è tolta ogni speranza di migliorare un lavoro non perfetto. Ma poiché a Dio, a Messer Ugo e a te piacque che codesto libro uscisse innanzi tempo, ti chiedo per la tua fede e per l'amicizia nostra che vi ponga tu alquanto di fatica per liberarlo almeno un poco dalle mende, e alquanto lo faccia bello, affinchè disadorno del tutto non si divulghi. Imperocché tu sai, perspicacissimo uomo, quanti sono dovunque i morditori delle opere, e specialmente poetiche, per la ragione che a pochi è in grado la poesia, non per colpa sua, ma per l'ignavia di chi l'ha in dispregio.
   Io, poi, per colpa di Giovanni Latinucci, non ho potuto riavere il libro che commisi alla sua fede, onde ciò che avrai chiosato o segnato, non posso vedere. Temo che la fede, che altri non ha scrupolo dii non osservare, sia per es^er dannosa alla mia troppa liberalità, come è già causa di grandissimi affanni.