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Per la biografia di Giovanni Boccaccio

Francesco Torraca
Società Editrice Dante Alighieri, 1912, pagine 432

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   - 430 —
   cielo : era Violante da viva; morta la chiamo Olimpia, ossia celeste.
   La decimaquinta è detta Filostropos, conciossiachè tratti di rivolgere al celeste amore dal lusinghiero amore delle cose terrene, giacché Filostropos vien da filos, che vai.: amore, e da tropos, conversione. Sono due gl'interlocutori, Filostropo e Tifo. Per Filostropo intendo il glorioso mio precettore Francesco Petrarca, da' cui ammonimenti spessissimo fui persuaso di dirigere la mente alle cose eternali, deposti i diletti delle temporali caduche; e così i miei amori, sebbene non totalmente, abbastanza pur tuttavia volse in meglio. Per Tifo intendo me stesso e qualunque altro offuscato dalla caligine delle cose mortali; chè Tifos in greco vale come il latino orbo.
   La decimasesta ed ultima .s'intitola Angelo, quasi nunzia e conduttrice delle precedenti e offeritrice all'amico, cui le mando: imperocché Angelo in greco è ciò che noi diciamo angelo, e angelo pure nel latino significa nunzio. Appennino ed Angelo sono gl'interlocutori, il primo è l'amico mio, al quale le mando, e così lo chiamo perchè nato e nutrito alle radici dei monti Appennini; per Angelo intendo la stessa egloga, com' è detto, a mo' di nunzio, il «juale conduce e parla.
   E questo per ora basti, che brevissimamente scrissi confidando nel tuo ingegno. Di grazia, padre mio, le qui accluse per qualcuno dei tuoi frati, più presto che puoi, manda al nostro comune .signore il nostro vescovo, e ricordati, dopo che avete il vicario provinciale, che .il convento di S. Ge-inignano, che è del tuo converso per diritto, non occupi. Molto pane mandò a' suoi quel mendace Frate Giovanni, nella quadragesima .scorsa, da questo paese. Desidero che lungamente stii bene e mi ricordi. — Di Certaldo il 5 di maggio in fretta.
   XIX. — fl Francesco di Brossano
   ... F, già scorso il decimo mese da che in patria, leggendo pubblicamente la Commedia di Dante, una malattia più lunga e fastidiosa che per alcun pericolo dubbia, mi oppresse, e mentre per quattro mesi, per impulso di amici, seguo i consìgli, non dirò di medici, ma di parabolani, conti-