Storia d'Ancona dalla sua fondazione di Agostino Peruzzi
LIBRO XII. M7
stanze, delle arse case per l'incendio, quella ancora si arrose della oppressa libertà. Governando, come podestà il sopradetto Cima, alcuni cittadini, checché li movesse o brama de' fuorusciti, o desìo di vendicare il cacciamento de1 nobili, o ambizione di sovrastare, o intenzione ancora ( perchè non voglio parere di non pensare che il peggio ) di attirare gente a ripopolare la città, alcuni cittadini, io dico, si avvisarono d'invitare Malatesta e Galeotto de1 Ma-latesti a prendersi il possesso della loro patria : semplici e malaccorti, se sperarono, che coloro i quali con soldatesca superbia aveano spenta la libertà della loro patria, e n' erano i tiranni, rispetterebbero la libertà della patria non loro! e scelerati e perfidi, se per tal modo si consigliarono di spegnerla eglino stessi, onde escludere i popolani da ogni parte del governo ! ¦ All' esca offerta, ambiziosi i Malatesti di allargare il loro dominio, corsero volonterosi, e molta soldateria trassero seco. Aprì loro 1* ingresso un Vanni, ossia Giovanni da Tolentino, alla cui fede consegnata era la guardia del forte sito, dove poi sorse la rocca di san Cataldo. Con molto fasto v' entrarono il giorno di san ISicolao, sesto di decem-bre, e tutta recaronsi in mano la signoria della città. Tutta mutossi allora la forma del municipale regime: i popolani esclusi da tutti gli uffizii, tutti gli uffzii dati a1 nobili partigiani de' Malatesti. Nè i soldati malatestiani astennero le mani dalle solite soldatesche impertinenze; e se non misero al sacco la città, non poche ruberie vi commisero però, e non poche cose de' cittadini fecersi proprie. Ma que' Malatesti cui, essendo tenero il loro dominio, premeva in quelle prime di dar buon odore di sè, le fecero restituire. Primo frutto di quella sì male avvisata deliberazione.
Secondo frutto fu, vedersi imporre a sopracapo, non una, ma due rocche o bastite, non propugnacoli, ma ( se potessi dirlo ) op-
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