Storia d'Ancona dalla sua fondazione di Agostino Peruzzi
j 46 STORIA D' ANCONAtri signori erano, con superbe e fiere parole , rimproverò la mancata lede; minacciolli dell'indignazione e della vendetta del duca : « vedrebbero in « loro mal prò, che fosse 1' averlo irritato ; eh' egli « in quel momento stesso partivasi per andare a lui; « tornerebbe quanto prima, e solo non tornerebbe ; « approntassero 1' intera somma, e guai a loro , se « non 1' avessero, le loro campagne , le loro terre , « la città ne andrebbero a fuoco e a sangue. » E strepitando e minacciando partiva; lasciarono strepitare , minacciare , partire.
Ma 1' arrabbiato Cavallino in gravissimo pericolo tentò di trarre Ancona. Perciocché, mentre l'esercito del duca non aveva peranco oltrepassato * 1'Aquila, ed in Amelia erano un mila uomini, da lui lasciativi a presidio , quel Cavallino si recò ad un conte Alberico , che nell* ascolano campeggiava con una sua masnada , pronto a combattere per chiunque l'avesse assoldato, e gli propose venisse contro Ancona , darebbegli sicuro l'ingresso per la rocca. Ma l'Alberico, che come gli altri capitani di ventura, non per mercarsi gloria guereggiava, ma per arricchire bottinando e saccheggiando , conciossiachè ben sapesse nulla essere rimaso in Ancona da saccheggiare e bottinare, e tutto esservi armato il popolo , infiammato da immenso amore della libertà , rispo-segli, che verrebbe, pagatogli prima però il grosso soldo che domandava. Il Cavallino davagli promesse per oro : ma il capitano di ventura, che oro voleva, non promesse, ricusò ; e quegli se ne partiva scornato. I cittadini frattanto finivano di spogliare le loro case delle restanti masserizie, e i magazzini e i fondachi delle serbatevi merci, e parte ne imbarcavano, parte ne mandavano in contado, parte a Fano, e nelle città marittime, non serbandosi, che il puro necessario, e le mani e i petti per la difesa della patria.
Ma il castellano ardeva della voglia di bene
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