Storia d'Ancona dalla sua fondazione di Agostino Peruzzi
LIBRO XII.
l6gpaja, che a troppo minute cose io mi abbandoni, non lo temo de' miei anconitani lettori, a cui nulla può sembrare minuto, che riguardi la storia delle cose patrie.
Confidato così, dico seguitando: che per la sicurezza di quelli , che doveano comporre il castello in cospetto del nemico, si prese a ordire con legnami e vimini una lunga e robusta tettoja, incominciando dal piè dell'erta e piede a piede ascendendo: malagevole e faticosa opera, alla quale gli stessi nobili cittadini, Oddo ancora tra loro, assistettero, sia per dar mano a' lavori, sia per dare coraggio a' lavoranti. Tanto fatichevole e rude era in que' tempi 1' arte di oppugnare , onde ogni biccicocca un po' forte si aveva per inespugnabile, mentre facilmente espugnabili sono a' dì nostri le più grandi e le meglio difese fortezze! In capo finalmente a questa tettoja fu compaginato e piantato il castello, alla distanza di sole cento passa dal fortino; ed avvanzan-dolo ancora con ordigni di ruote, e d'ancore, tanto fu avvicinato, che tra l'uno e 1' altro non era che il fosso, il quale fu colmato. Invano sfolgorando pietre e materie incendibili provavansi a fracassarlo od infuocarlo i nemici; alle percosse, al fuoco si occorreva da' nostri con pronti ed opportuni ripari.
Ad un crudele estremo si venne ancora. Al castello, di fronte al ridotto, si legarono il giovinetto figlio del castellano e il suo ajo Alfonsillo, sperando che il padre , per timore di offender lui , desisterebbe dal bersagliare il castello. Ma in quel forte petto più che la pietà, poteva la brama di atterrare quella macchina fatale. Ordinava, che un enorme sasso si ponesse al trabocco, e il trabocco si scaricasse. Inorridivano i bombardieri, e ricusavano di ubbidirgli, gridava il giovinetto , piangeva , pregava ; il padre furibondo scoccava egli stesso il tremendo tormento. Non colse l'innocente: ma sì ne fu scosso il castello che tremebondo vacillò , e fu per rovesciarsi: il
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Oddo Alfonsillo
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