Storia d'Ancona dalla sua fondazione di Agostino Peruzzi
38o STORIA. D' ANCONAni e vere, agevolmente si dileguarono i concepiti sospetti.
Ora devo rivendicare 1' onore d' uno de' più nobili ed illustri nostri concittadini. Parlo del cavaliere Giacomo Bonarelli, e ne parlo appoggiato alla gravissima testimonianza dell' autore della Pietra del paragone ( p. i33, i34). Egli era figlio di Pietro di Oliviero, cavaliere di quel merito, che gli scrittori nostrali attestano; avvegnaché foss' egli stato dal pontefice Martino V. adoperato in affari d' alta importanza presso Ludovico re di Francia, e.decorato del cognome de' Colonna. E Giacomo egli desso., dopo avere retto varii governi pe' duchi di Milano, emulando gli esempii del cavaliere Francesco suo zio carnale ( conciossiachè nato era della contessa di Live-rotto Ferretti ), era stato elevato alla dignità di senatore di Roma, ed aveva ottenuto il titolo e la giurisdizione di conte, eretto in contea il castello delle Torrette ne' proprii suoi terreni di Buonpiano. Ora questo illustre ed egregio cavaliere incontrò, ( uso le parole stesse del chiarissimo autore, che seguo) « incontrò « nello scoglio della invidia, con essere sopposto ribelle, e avere trattato la consegna della città di « Apcona in mano de'collegati... contro Innocenzo il « pontefice. » Le quali parole chiariscono abbastanza, quanto falsamente altri narrasse, che « il senato scoprì , che Giacomo Bonarelli tentò di tradire la libertà della patria. » II- vero è, che la invidia, principal peste delle repubbliche, calunniollo al sepalo ; il senato supposelo reo pel maligno artifizio degl' invidiosi calunniatori. Io non so, se ciò dica l'Alfeo, che ben veggo citato a piè di pagina da chi a'giorni nostri ribadì, la calunnia del tradimento. Ma il dicesse: 1' autorità di questo cronista, povero affatto di critica, non deve prevalere all' autorità del chiarissimo scrittore, ch'io seguo. Altronde quell'Alfio, se chi lo cita seftza recarne le parole, dice il vero» non ha per sè nemmeno le testimonianze del
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