Hatria = Atri di Dr. Luigi Sorricchio

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      CAPITOLO III.
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      aggiogato al carro di Marte, li condusse invece a popolare il paese che si nomò degl' Irpini, dove sorse Arpino. Il pico di Marte, oracolo degli auguri sabini, li portò a valicare l'Appennino, sul versante orientale, ed a prendere stanza nella regione, che, dal sacro picchio, si disse e si dice Piceno. Nulla possiamo dire intorno al modo come i Piceni, popolo astato e guerriero, compirono la conquista. Può anche essere che dalle genti indigene, tra le quali dovevano prevalere gli Umbri, ormai avviliti e decaduti, non venissero male accolti. Il tempo del loro esodo dovette essere sui primordi di Roma, ìjel vii secolo a. C.
      I Sabini-Piceni pare disegnassero nel loro viaggio parte della classica via che fu la Salaria, e giungessero ad Ascoli, già da secoli esistente per opera dei Pelasgi, secondo Silio Italico. Pare ancora che tra Ascoli e Fermo, scendendo al mare, pacificamente dimorassero lungo tempo, fondandovi questa seconda città.
      Interesserebbe pur sapere quando i Piceni passarono il Tronto, occupando il tratto da questo fiume all'Aterno, ossia l'agro Palmense, il Pretuziano ed il nostro Atriano, i quali appariscono - leggendo gli scrittori antichi - più una tardiva loro conquista che una parte integrante del Piceno fin dal principio. Ma anche su questo, niente possiamo asserire di certo. Parrebbe però, secondo un'antica leggenda riferita da Plutarco, 1 che essi, dopo una certa intesa, si guastassero cogli Umbri a proposito di Fermo, e spingessero le loro conquiste al nord, verso il Potenza ed il Musone. Non possiamo tener conto del romanzo storico con processo d'intenzioni, che c' imbastisce lo Speranza. 2 Ma dobbiamo ammettere con lui che Hatria, il più antico e forte centro marittimo dalla punta d'Arione a quella d'Ancona, non poteva allora venir sottomessa dai profughi Piceni, deboli per scarsezza di nu-
      1 Moralium, 47, II.
      2 II Piceno dalla origine alla fine d'ogni sua autonomia. -— Ascoli. Cardi, 1900.


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Hatria = Atri
di Dr. Luigi Sorricchio
Tipografia del Senato Roma
1911 pagine 324

   

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