Annali della città di Bologna di Salvatore Muzzi
BOLOGNESISi 7
« preziosità d'oTò, venivano guasti da que* profani delle arti, e contrastati, e portati lungi con ingordigia, e sospetto e gelosia abbominevole. Porse cosi andò perduto il bellissimo presepio dipinto da Raffaele; cosi molt* opere del Francià in tavola, in muro, in ismalto, di conio, di cesello, di niello distrutte furono; così rari mobili, così arredi principeschi si guastavano , si smarrivano per sempre. Quivi una turba d'inveleniti arrampicavasi al fastigio dell' edifizio, ne scagliava lungi le tegole, lo dispogliava delle travi e del ferro, ohe in quel palazzo abbondava fino all' ingente valore di sessanta mila lire di bolognini : colà le imposte delle finestre e delle porte venivan predate, e beato chi poteva farne mostra nelle proprie case, come di cosa acquistata con onesti modi, con fatiche laudevoli, con industria :¦ qua si svellevano arbori peregrini pregiatissimi ; si rapivano, si spezzavano le sculture delle fonti, le adornezze dei giardini. Molti si affaticavano nel rovinare la torre già mozza ai dì del terremoto; altri abbattevano i fianchi protratti del palazzo, cui più non volevano. Tutti sudavano in sì folle opera di distruzione: il fumo, il chiaror dell'incendio, gì* irati aspetti degl'ingordi, de'vendicativi, degl'insani si facevano più orrendi, e quasi direi infernali, per lo effetto del fuòco, fra quei vortici fuliginosi che s'inalzavano al cielo. Di tratto in tratto un rimbombante tonfo ed un tremare del suolo annunziavano il precipizio d'una sala o d'un peristilio; un urlo, un gemito prolungato manifestavano la sciagura, il pericolo od il morire d'alcuni di quei furiosi, ohe insieme ai muri, ai colonnati, alle logge, alle sale, alle camere cadevano , stor-piavansi , sfracellavansi, perivano. E così avvenne in questo fatto. La sete d'oro e di preda degli uni, lo spirito di distruzione negli altri , il general disordine, la confusione, la fretta, la rabbia apportavano mille danni a coloro stessi ohe pensavano ed. operavano per danno degli altri. Nel trambusto di quel mese in òui si ripetè la gran rovina dell'ampia
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Raffaele Francià
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