Annali della città di Bologna di Salvatore Muzzi
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annalimole, perirono, al dire del Gbirardacc}, meglio che sessanta persone, al dir del Ghiselli dugento. Fosse stato poco il numero de' morti in quel!' incontro, certo è però cbe sempre è grande la perdita degli nomini, che lasciano dopo di sé povere, e numerose, ed abbandonate famiglie. Oh lugubre spettacolo , sì lungo tempo protratto ! Il martello distruggitore, tempesta dappertutto e rintrona; le cadenti vòlte fanno un fracasso d' inferno ; raddoppian le grida dei feriti, raddoppian ne* malfattori gli urli e le bestemmie; i vortici delle fiamme si scagliano in alto discoperti e liberi, solo velati da densa polvere , che fa più orrenda la scena. — I magistrati , o troppo tardi avvisati, o, meglio, contenti della cosa, videro forse quanto sia grave danno il disbrigliare la licenza del popolo, e feoero parole di comando per cessare un tanto danno4 ma indarno! Il popolazzo replicò le prove di suo furore, e non ristette dalia rovina finché ogni parte del gran palagio non fu guasta o distrutta. Molte pietre dell'eccelsa mole servirono, alla costruzione del Castello di Galliera, all'erezione del campanile di san Martino; molti ornamenti della facciata e de* peristili vennero forse adoperati qua e colà per Bologna a far più notevoli le case degli audaci rapitori: sol-* tanto un mucchio di rovine e poche colonne nella parte posteriore dell' edilìzio restaron sul luogo del gran fatto per due secoli e mezzo, quasi dicendo a tutte genti : qui fu la reggia del magnifica Benti-voglio; qui sorse eccelso un palagio di cui non rimane tanto vestigio che servir possa a ricovero nè d'una famigliuola nè d'un bruto: or vedi, o passag-giero, a chq si riducono quaggiù nostre labili gran-dezze; vedi frutto della rabbia de'partiti; vedi d'umane cose mutabilità/— Ma giunto l'anno 1756, il Senato di Bologna comprò dai Bentivoglio, con 17,500 lire, il suolo detto — il Guasto — per la rovina della gran mole, ed ivi fece architettare ad Antonio Galli Bibiena il Teatro Comunale, uno de'più vasti e dei più adorni d'Italia. Di fatto cantò di tale edilìzio quel caro ingegno dello Schiassi :
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