Storia antica di Como di Maurizio Monti
LIBRO 111. 12^dicendo che le stesse lettere insegnano ad essere dei doveri dell'amicizia osservantissimo. Fu nel correggere i suoi scritti sì fattamente accurato, che per avventura e riuscito anche soverchio. « Innanzi tutto, diceva egli, io per me stesso cor-' reggo quanto so e posso le cose mie, poi le vo « leggendo a due o a tre, poi le affido ad altri, « perchè ad esse facciano le proprie annotazioni; « e se delle loro note dubito, con uno o due le « esamino.... Ilo sempre in mente che è un'ardua impresa dare alcuna opera in mano degli ' uomini, nè mi posso persuadere che non si « debba spesso e con molti esaminar quello, che « tu vuoi debba piacere a tutti e in ogni tempo.»
Ancora vivente godette somma riputazione d'ingegno. Egli e Tacito tenevano il principato nelle lettere, e mostrava la sua età di fare eguale stima sì dell'uno che dell'altro, nel che per verità il nostro ebbe vantaggio dall'altro ; perchè, quantunque grande, a quel sommo storico fu minore. La sua fama avea varcato le Alpi, ed i librai di Lione ne vendevano i libri, mentre egli in Roma era altrui mostrato a dito. Non è a dire quanto ciò lusingasse la vanità di Plinio, chè certo in questa peccò assai, e si palesò delle lodi ambizioso, più che l'uomo sapiente non dovrebbe. « E non debbo io « gioire, sclamava egli, che il mio nome sia celebrato? Sì ne gioisco, e dico che ne gioisco. » Tale vanità per altro merita largamente perdono, perchè a questa noi siamo debitori di molte delle eccellenti opere che possediamo. Quello clic fa impallidire tanti uomini sommi sui libri, è V ardore della gloria, della quale è più acceso chi ha più nobile l'intelletto. Quanto poi alla brama di rendere il nome eterno, nient'altro ci manifesta
| |
Tacito Alpi Lione Roma Plinio
|