Storia antica di Como di Maurizio Monti
l42 NOTENella descrizione Ialina del Lario è stalo Paolo Giovio il primo a far conoscere la tavola e gli altri marmi figurati. Il fratello di lui, Benedetto, ne fece altro cenno nella Storia patria (p. 210). Un suo voluminoso carteggio col padre Protaso Porro, altro dotto comasco, a quale dei romani imperatori si dovessero ascrivere i marmi, è smarrito, o forse perduto. Il Porro li credeva di Germanico per le sue vittorie sull'Elba. Girolamo Borsieri (Theatrum insubricae magnificentiae, etc. MS.) ricorda tre altri piccoli frammenti, siccome parte del trionfo, e ne dà un rozzo disegno. Nella grande tavola gli storici patrii, aderendo al giudizio di Paolo Giovio, vi hanno sempre riconosciuto un trionfo di Giulio Cesare. Il prof. Aldini combutte questa opinione; e in cambio di confessare che il marmo senza le lettere col nome di teatro di Cesare, che vi lesse, e non v'immaginò il Giovio, riesce inesplicabile, si perde in un mare di congetture fantastiche, e finalmente concliiude (ma nessuno gli crederà sopra parola) essere stato eretto il marmo per decreto dei decurioni ad onore dell'imperatore Marco Aurelio Antonino Caracatla, l'anno di Hoina 9o0, dell1 era volgare 197, quando il padre, sebbene solo di dieci anni il tiglio, lo esaltò alla dignità imperiale.
Maggiore disputa insorse per causa della testa colossale. Paolo Giovio pensò, che rappresentasse il capo di Giulio Cesare dittatore. Il Por-cacchi (Nobiltà di Como, ecc.) riconosce in esso figurato un sacerdote, e tace di Cesare. Il conte G. B. Giovio, avuto il marmo dai Tritìi, cui era pervenuto dopo la distruzione del museo di Paolo Giovio, lo adattò in sito cospicuo della sua galleria, e persuaso che fosse realmente Giulia Cesare, sotto nella base v'incise : Caput Caesaris diclatoris. Vedi l'undecima delle sue Lettere tarlane.
Io vi ho cercato i caratteri, che Svetonio e Plutarco attribuiscono a Cesare, nè ve li ho ravvisati. Prediligeva Cesare di essere figurato colla corona dell'alloro, e qui ha la benda sacerdotale. Cesare era calvo, e qui è bene chiomato. Cesare era alto di fronte, come da alcuni marmi, e qui è niente sopra l'ordinario rilevata la fronte. Le parole poi del sommo critico E. Q. Visconti confortano mirabilmente la mia sentenza. Egli dice: « L'incertezza della « sua effigie (di Cesare) nelle monete ... ha dato campo a battez-u latori di ravvisar Cesare in molte teste e busti, che non lo so-h migliano, se non che in poche e comuni determinazioni del suo « sembiante . . . Eccetto questi due insigni e 110:1 dubbi ritratti » di G. Cesare (sono in Roma) più non ne conosco, anzi mi sem-* bra che con poca ragione portino questi nomi tanti altri , che « per tali si ostentano (Museo Pio-Clementino, Tomo VI, ediz. e* mil,, pag. 178) ». In proposito dell'adoro di Cesare dirò, che fra Greci Pericle, perchè aveva la testa bislunga, non volle essere rappresentato che colla celata a nascondere il difetto. E fra Romani Mecenate, essendo calvo in mezzo della fronte, soleva, dice Seneca, comparire in pubblico col capo velato di piccolo pallio. L'alloro faceva sparire in Cesare il difetto della calvezza.
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