Storia antica di Como di Maurizio Monti
146 NOTEadoperala nel medio evo, e sempre in cattivo significato, tanto che anche il diavolo fu detto congerone (Cf. Ducange ad voeem). Con ciò si prova, che tanto i latini, quanto i barbari, ebbero di quella lo stesso concetto. Si noti infine che la voce conterraneus fu ammessa come legittima dai due insigni editori di Plinio, il Brotier ed il Lemaire, i quali rigettano assolutamente l'altra, come intrusa. Per verità presso i buoni latini scrittori non si conosco altro esempio della parola conterraneus; ma sì questa, che con• lerali, sono voci di uso nel medio evo (Cf. Ducange ad vocem); ed è certo, che alcuni moderni latini scrittori si valsero di essa nelle loro opere. Per contrario nessun uomo del mondo, che mi sappia, ha voluto quel mostruoso congerraneus adoperare.
(8) Egli è strano , che il dottissimo editore dei Classici latini a Torino (Ex typis losephi Pomba) nel primo volume di Plinio il giovane, produca la vita di questo scritta già da Cellario, in cui risolutamente si dice il vecchio Plinio essere veronese, sulla fede massime di questa mentita lapide; e che non confuti l'errore con nota apposita. Del pari nello Svetonio della stessa edizione torinese leggendosi Plinius Xovoconiensis, il chiosatore, che non potè rigettare dal testo quella parola, perchè i codici più antichi non gliel consentirono, con una nota speciale ci avverti, che dovevasi scrivere Veronensis. Così, mentre i Veronesi ci lasciano il pacifico possesso del fatto nostro, alcuni che dovrebbero, come forestieri, tacersi o esaminare imparzialmente la questione , con una sola pai ola, senza ragioni e senza processo ce lo rapiscono, ti padre Harduino, veggendo che Plinio chiama spesso i Romani col nome di nostri, e col nome di nostra la città di Roma, conchiude che Plinio fu romano. E una opinione, riflette il Tiraboschi, che merita nemmeno di essere confutata; e sono molti gli esempi di somigliante parlare in altri autori, che non furono certo romani.
II eh. prof. Paravia di Zara, lodato traduttore delle Lettere di Plinio, indirizzò da Venezia il 20 novembre 1824 al cav. Ippolito Pindemonte una sua dissertazione: Della patria dei due Punii ; e in questa con sode ragioni dimostra che Plinio il vecchio, non meno che il nipote, hanno Como per patria. « Non per altro, « egli afferma, io parteggiai pei Comaschi, se non perchè mi « parve che della loro parte meglio si stesse la verità e la rari gione. »
(9) 11 padre Tatti (Annali sacri di Como, Tomo I, pag. 59 e sec;.) ci racconta, che Plinio si convertì alla fede cristiana, e morì martire. Plinio, egli dice, tornando dal suo proconsolato di Bitinia verso Roma, si fermò alcuni mesi nell'isola di Creta, e quivi diede mano ad alzare un tempio a Giove. Mentre il tempio era prossimo al suo compimento, passò di là il santo vescovo di Creta Tito, che maledisse la fabbrica, e questa all'atto diroccò fino dai fondamenti. Plinio, inveee di montare in collera e farne vendetta, vi conobbe la mano di Dio; e andato a Tito, lo pregò che nella
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