Storia antica di Como di Maurizio Monti
AL LIBRO MI.
giungi clic il contìnuo rialzamento, elio Mene facendosi del piano della città, ci nasconde sempre pio quella superficie in cui sono sepolti preziosi monumenti di antichità.
I vescovi di Como Filippo Archnvti (115915 al 1G2I) e Lazaro Cara ti ni (IG2U al IG(ìU) passionati amatori di antichità, fecero raccolta di lapidi e di altri belli avanzi di scultura dei primi secoli, spogliando di preferenza le chiese in Como e nel suo territorio, e ogni cosa trasportarono a Milano e a Cremona, loro patrie. Monsignor Filippo arricchì il mu?eo del fratello conte Ottavio Archiuti posto nel suo palazzo di Porta Nuova, ora casa Galega ri presso al Naviglio. Le Lapidi congregate quivi d'ogni parte crebbero lino ai numero di cento, e se ne rese alle stampe l'apògrafo col titolo: Colleclanea antiquilalam in domo co. Gelar ii Arci unii; ma non sempre si conosce di certo quali sieno le proprie di Como. Ne derivò grave danno alla storia nostra, senza punto giovare a .Milano. ti marmo riceve un' importanza quasi unica dal luogo, dove fu in origine collocato; e se si trasferisce altrove, e non si nota la provenienza, diventa muto e non serve che a sterile erudizione, o a confondere la storia. Colui che nella citià nativa tiene sol-t'occhio i patriI marmi prova un infinito diletto, si trasporta col pensiero alle età remole, s'immagina di conversare con coloro, che primi abitarono la sua terra, ed enlra a parte della ior vita domestica e pubblica. V'impara lo stato delle belle arti, il grado successivo di cultura nei vani secoli, ne tira notizie non prima sapute di storia, o tali che contribuiscono a illustrarla sopra punti, che sono controversi.
lì vescovo Canilini superò nelle prede f Arelunll. Corse in traccia di marmi antichi con zelo smoderato. Preti, frati e laici erano suoi commessi, e strada sicura di entrargli in grazia, l'Indizio o l'offerta di un marmo. Fondaco generale della raccolta divenne il portico contiguo al giardino del palazzo vescovile, e quivi nel 1G44 ne cavò alcuni apògrafi l'arciprete di Menugio, Ber lare1 li. Breve tempo s'inframmise, e scelli quattordici marmi il vescovo li avviò in dono ai parenti di Cremona. Il coetaneo Alessandro Ma-gnocavallo segnò il giorno infausto della partenza, che fu il 17 aprile 1G49, e disse che i Comaschi ne sentirono infinito cordoglio per vederne privata la patria. Sparlossi del Vescovo, e in certa canzone contro dì lui si venne cantando il ritornello:
Ei per fare ai Comaschi mille offese,
Ne manda l'anticaglie al suo paese.
L'anno io'9 tri un fatto somigliante aveva manifestalo Como, qual debba essere la carità del natio loco. Il visitatore apostolico della città e diocesi avendo ordinato che le statue dei due Plinii, come cosa profana, levate fossero dalla facciata del duomo e poste altrove su due colonne, risposero i decurioni ; No. Ci sono e
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