Storia antica di Como di Maurizio Monti
AL LIBRO III.
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La dispersione delle lapidi venne in parte compensata dagli apògrafi che ci tramandarono gli scrittori palrii. Primo per melilo, come a scriverli, è Benedetto Giovio. Cominciò nel 149G, c vi diede l'ultima mano nel Ili IO. Il libro non fu mai stampalo, e si crede smarrito l'autografo, ma ci rimangono più copie abbastanza esatte, sì del suo tempo, che di età posteriore. L'Appiano. copiatolo, lo fece subito di pubblica ragione (Inserìptìones sacrosanclae retustalis eie.— Ingolstadii, 1S54); ma insozzandolo di gravi errori, che passarono nelle slampe di Smezio, di Lipsio, di Grillerò, di Donio e di Heinesio. Francesco Cigalini, nel libro de Nobilitale palrìac, anch'esso non stampato, riportò parecchie iscrizioni, ma a semplice schiarimento della sua narrativa. Poco o niente aggiunse alla nobile fatica di Giovio. Altro concittadino, Girolamo Corsieri, morto verso il IG27, calcando le pedale di Giovio, si accinse a copiare lapidi, e con titolo pomposo denominò il libro: Teatro della magnificenza insubriw, abbracciando, oltre Como, tutta l'Insùbria. Il libro non fu mai pubblicato. Nel 1785 il marchese Giuseppe novelli stampò la scelta di 85 epigrafi, quale documento alla storia antica di Como. Ultimo ci viene innanzi Pier Vittorio Aldini, che nel 1854 mise alle stampe in Pavia una compiuta collezione dei nostri marmi, e confessò di essere stalo eccitato a scrivere dall'antica fama di Como, dall'abbondanza dei monumenti, e forse più che altro dai sensi di gratitudine e di affetto verso di Como. Nativo di Cesena capitò tra noi nel 1805 in un piccolo uffìzio a Menagio, e trasmutato a Cadore, poi a Chioggia, ritornò nel 1812 in Como, segretario generale della prefettura del Lario e ci stette fino al 1816, esercendo nell'ultimo anno la carica di prefetto. Universalmente amalo, ricambiò il nostro amore donandoci il suo bel libro. Nel luglio del 1842 chiuse la vita in Pavia, professore di archeologia presso quella Università.
Girolamo Borsieri, sopra ricordato, raccolse marmi antichi nelle sue case in Como, ma (nullo in amor patrio) potè tollerare che i vescovi Archinli e Carafini vi facessero a man salva i loro saccheggi. Poliante Lariano ciò raccontando (p. 202) dice che Conio può per causa sua ripetere quel verso di Petrarca :
Ben fera stella fu sotto, ch'io nacqui.
Negli slessi tempi, o poco prima, si affaticarono a riunire marmi i iMagnocavallo, famiglia antichissima di Como , poiché in pergamena del 1114 è nominalo fra consoli comaschi un Goffredo Magnocavallo (Mallogaballum). Papirio e il liglio di lui Alessandro furono i più segnalati raccoglitori. Finita la famiglia poco olire la mela del secolo xvn, passarono le lapidi agli eredi Peregrini, che le tennero in vilipendio. Era la margarita davanti la gallina. Il marmo di Fabalo servì di parapetto ad un pozzo; c
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