Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
LIBRO PRIMO.
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de'suoi capitani, Roma andò debitrice della prospera fortuna nelle imprese più ardue. Tosto che gì' imperatori si recarono in mano la somma delle cose, si videro nella necessità di richiamare in seno dello stato le armi adoperate a tutela dei confini, e di rivolgerle contro di quello, onde reprimere il sentimento di esecrazione, che il popolo nella sua crudele op-pressura non poteva non nutrire per il principe. I confini rimasero nudi; i barbari trovandoli senza difesa li varcarono, ed accesi dall' odio contro i Romani,1 e spinti dalla loro indole rapace, si rovesciarono sopra le provincie dell' impero a predare, a guastare, a sconvolgere. Oltredichè venivano incoraggiati dalla audacia de' barbari medesimi che stanziavano in Italia assoldati a difendere il dispotismo. Varii scrittori di que' tempi fanno menzione de' barbari alla corte de' Cesari; ed Ammiano Marcellino^, a mezzo il secolo quarto,nomina Arbo-gaste capitano dogli eserciti imperiali. Aggiungasi che per la comunicazione co' barbari, la quale dopo la istituzione dello impero considerevolmente si accrebbe, i Romani nella universale corruzione de'costumi, irriverenti alle costumanze paesano, affettando d'imitare le foggie di quelli non arrossivano di procedere per lo magnifiche vie della città vestiti barbaricamente come se si aggirassero per le squallide foreste del settentrione. E quasi volessero colla esterna apparenza simulare la vigoria del corpo che avevano perduta, lasciavano la maestà della toga e s'inviluppavano di ruvidi panni e di polli in modi stranissimi. La smania era sì grande, che il genio della nazione ne sentì ribrezzo e spinse gì' imperatori a promulgare leggi rigorosissime, le quali inibivano cotesto vestirsi alla foggia de'barbari, minacciandone i trasgressori della confisca de' beni e doli' esilio perpetuo.2 L'osservanza do' costumi nazionali nelle esterne apparenze è cosa di assai maggiore momento di quello che senza matura considerazione potrebbe sembrare. La nazionalità è tesoro d'inestimabile valore; e le
1 u Meniores injuriarum , quas a Romanis pertulerant. » Roriconis, lib. II; apuri Script. Rerum Gallic , tura. Ili Parla de'Goti.
2 Vedi nel Codice Teodosiano, lib. XIV , tit. 9, leg. 2: Usum tzanga-rurn alque bracharum, etc. ; e la 3: Inter urbem Romam nemo rei raffi», eie. e la ì : llajores crines et indurne nla pellium, eie.
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