Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
LIBRO PRIMO.
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GĢ' Italiani se non potevano benedire al governo de' barbari, si sentirono meno oppressi di quello che fossero sotto il reggimento imperatorio.
Privata l'Italia della presenza del principe, spogliata degli uomini egregi per la cultura dell'ingegno; concentrata ogni potestą nella sola corte imperiale; dati gli uflģcii ad uomini indegni, crudeli e pronti a satisfare ciecamente alle libidini della tirannide; i popoli latini rimasero abbandonati all'arbitrio de'governatori e de'commissari imperiali, che calpestavano diritti umani e divini per compiacere al principe. Lo immense somme di danaro che si profondevano onde gratificare il lusso e le dissolutezze della corte di Costantinopoli, dovevano emungersi dalle viscere della misera Italia, oramai priva de' suoi commerci, scarsa di abitanti, senza agricoltura. I municipii serbavano tutta via i loro magistrati, ma erano ombre senza mente nč volontą; erano anzi costretti ad incrudelire contro i loro concittadini, de' quali avevano debito di tutelare le sostanze e la vita. 11 grado di senatore o di decurione, un tempo ambito ed ottenuto con gravissimi dispendii, come quello che era nobilissimo ed onorevole ufficio, adesso era fuggito e detestato. I decurioni venivano eletti per forza; perfino vi si forzavano gli ebrei, a danno de'quali, dopo la vittoria di Tito, era incominciata quella ingiusta e sanguinosa persecuzione che li ha tormentati a vituperio della moderna cultura sino a'tempi presenti; vi si forzavano i servi; parecchi onesti cittadini, per campare da quelle odiate elezioni, diventavano servi, lasciavano i proprii poderi nelle mani del fisco, che non trovava a chi concederli. Ogni ordine civile spento, nulla la disciplina militare, moltiplicate, incoraggiate e remunerate le spie, frequenti ed atroci le proscrizioni, ogni cosa corrotta, scomposta, tumultuante in una violenta morale anarchia, che pareva un vero inferno a quanti avessero cuore non istupidito a sentirlo.
XV. La chiesa lacrimante a tante domestiche immanitą, solo ella animosa e imperterrita nello universale avvilimento, accusando la corte come principale cagione, come fonte d'onde sorgeva tanta fiumana di sciagure, esecrava i cittadini che servivano alle scellerate intenzioni del principe. Diceva, come
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