Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      CiSTORIA DEI COMUNI ITALIANI.
      terzi del frutto del terreno che lo spodestato padrone coltivava a proprie spese.
      Ma come la civiltà si mise a produrre i suoi inevitabili effetti sopra l'indole de' barbari, ammansandoli, mitigandoli, affezionandoli allo arti del socevole consorzio, la condizione de' nuovi possessori venne considerevolmente modificandosi. E come poi i feudi divennero ereditarj, il grande feudatario, non potendo da per sè condurre la coltivazione de' suoi vasti possedimenti, trovossi nella necessità di partire i suoi domimi, concedendoli a certi individui a norma del diritto feudale, voglio dire imponendo loro patti di servigi che li vincolavano a lui, nel modo medesimo ch'egli era vincolato al principe per la terra concedutagli. Ciò fu un gran passo fatto dal sistema feudale verso il suo pieno esplicamento, funestissimo al principe non meno che al popolo, come quello che rendeva il feudatario un regolo, un vero sovrano, dipendente di diritto, ma indipendentissimo di fatto, e ponevalo in condizione di mostrarsi inrefrenabile, di guisa che gli atti frequenti e continui d'insubordinazione fecero nascere un sentimento turbatore, per allora, della quiete sociale, ma poscia generatore del diritto di resistenza al sovrano che fallisca al debito proprio ; che è, come più innanzi vedremo, uno de' grandi prineipj del moderno diritto pubblico in Europa.
      XXIV. I commilitoni più cospicui del popolo Conquistatore, che Tacito, siccome abbiamo notato, indica col nome di principi, diventati possessori feudali nel territorio dell'impero, oltre al debito di accompagnare in guerra il proprio capo o sovrano, avevano quello di coadiuvarlo nell' amministrazione della giustizia. Egli aveva pieno ed assoluto potere in guerra; in pace la sua potestà era ristretta dentro angusti confini; i commilitoni reputavansi suoi pari, e forse prestando il giuramento di fedeltà, parlavangli l'altero e nobile linguaggio de'baroni aragonesi.1 Ciascun commilitone, adunque,
      1 « Noi, ciascuno de' quali vale quanto voi, e i quali, tutti insieme, valiamo più di voi, promettiamo obbedienza a patto elle mantenghiate i nostri diritti e le nostre libertà; se no, no. n Queste parole pronunziavano i nobili aragonesi facendo atto d' omaggio al sovrano. In tutte le monarchie feudali , se la formula non era la stessa, lo spirito, l'intendimento era identico. N'olia Slagna Charla, che i venticinque baroni costrinsero il re Giovanni a conce-


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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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