Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
11 "2 STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
venne loro conferita dal papa. E così queir isola in futuro divenne fomite di discordia e cagione precipua di guerre fraterne alle due repubbliche; guerre empie che inondarono di sangue la culla delle nostre libertà comunali.
XLV1II. Queste idee abbiamo reputato necessario far precedere alla narrazione delle gesta de' comuni d'Italia. Molte erano già state dette da altri; ma noi le abbiamo ridette, o ri-presentate secondo il nostro modo di scemerò, a beneficio di coloro che le ignorano; ai dotti diremo imitando il poeta : la storia è a poche pagine da qui, chi vuole le salti a piè pari. Ma conforteremo a leggerci coloro i quali avessero mestieri di sapere come l'Italia nel secolo undecimo, sgombra de'maggiori impedimenti accumulati in cinquecento e più anni di ferocissime perturbazioni, che avevano ridotta a un mucchio di rovine la civiltà de' Romani, disseppelliva e risuscitava di mezzo a que' sacri ruderi la civiltà tutta del ricreato popolo d'Italia; nuovi ordinamenti politici, nuova lingua, nuove scienze, nuove arti, rinnovamento universale che desterà sempre l'ammirazione de' filosofi. Nel percorrere gli annali de'nostri Comuni, gli stranieri prorompono in un profluvio di contumelie , e dalla irrequietudine e ferocia di que' tempi prendono occasione a vituperare l'indole italiana; e l'odio, retaggio funesto de' loro barbari progenitori che non Valsero a spegnere onninamente l'Italia, come i superbi nepoti avrebbero bramato, gli rende ingiusti ai beni infiniti che da essa fluirono alla moderna civiltà europea. Noi Italiani cadiamo in altro errore non meno funesto. Oppressi per tre sècoli da una vergognosa e mortifera schiavitù, rammentiamo con orgoglio e diletto gli splendidi tempi della libertà nostra, e ne' delirii del cuore sitibondo d'indipendenza dallo straniero, sempre che sembri spuntare sul buio orizzonte il gran giorno della liberazione, sentiamo ridestarci in seno l'antico spirito guerriero, che ci addita le ombre de' nostri padri in sembianza di eroi e di giganti; desideriamo il ritorno di que' giorni e di queir ordine di cose, fantastichiamo a riprodurli senza considerare pacatamente i mali non pochi che tenendo in perpetuo travaglio i nostri liberi comuni, ne consunsero la vita e né affrettarono la caduta. Oggi-mai non ò più tempo d'illusioni ; ne abbiamo avute troppe e
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