Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
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STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
di beni temporali, anch'essa dovette assentire al diritto e alle consuetudini feudali ; e mentre era signora di vassalli, rimaneva in condizione di vassallaggio verso il capo dello stato. Gli alti suoi dignitarj quindi divennero potentissimi baroni abbracciando i costumi, i privilegi e i doveri del baronaggio, anzi il loro carattere li rendeva di maggiore autorità agli occhi de'popoli. Come il sovrano si fu accorto di ciò, volle porvi rimedio; e Corrado il Salico, in ispecie, ebbe cura d'infrenarli concedendo o accrescendo le libertà cittadine. Tale politica fu seguita da Enrico III suo successore, il quale spinse i suoi diritti, o conforme dicevano i difensori della Chiesa, le sue pretese, tanto oltre da considerare i vescovi, non escluso lo stesso pontefice, come semplici sudditi, che da lui solo dovevano riconoscere beni temporali e dignità ecclesiastiche, eh' egli poteva a proprio arbitrio concedere o ritogliere. La costituzione della chiesa, che fluiva dal principio fondamentale della libera elezione esercitata da tutti gli ordini de'credenti, resi uguali dalla rigenerazione evangelica, venne apertamente violata dal principe allorché fu promulgato un editto, per mezzo del quale il successore del vescoyo o dell' abate era in debito di chiedere la investitura di tutti i beni e privilegi annessi alla dignità, la quale investitura concedevasi dal sovrano che dava l'anello e la croce al vassallo ecclesiastico. Al Capitolo, è vero, rimase il diritto di elezione; ma perchè il principe poteva non accordare la investitura, e la elezione ripetersi all'infinito, i voti del clero non esprimevano la-volontà propria, ma quella del re. Per la qual cosa coloro che ambivano agli alti uffici ecclesiastici, studiavansi di conseguire il regio favore, e con astuzie, con promesse, con doni ottenevano la bramata investitura : al Capitolo dunque altro non rimaneva che eleggere concordemente e senza inutili disturbi l'uomo indicato dal principe. Le resistenze o le querimonie degli animosi o dei probi furono vane; la concessione delle dignità ecclesiastiche divenne un vero traffico condotto senza velo e senza pudore. I benemeriti del trono, e perfino gli usurai che in tempi di penuria lo avevano soccorso di pecunia, chiedevano in compenso qualche beneficio o dignità ecclesiastica, che veniva volentieri concesso, non ostante che fosse universa!-
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