Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
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174 STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
città presa d'assalto. Il grandissimo tratto della metropoli del mondo cristiano, che si stende dal palazzo Laterano fino al Colosseo,fu onninamente distrutto, nè da quelle ruine risorsero mai più gli antichi edificj. E perchè il popolo volle opporsi alle prime crudeltà de' Normanni, la città fu messa a ruba, le case incendiate, le donne vituperate, i vecchi sgozzati, i giovani fatti prigionieri e mandati schiavi in Calabria, o inumanamente mutilati; Roma insomma patì tutti gli orrori d'una guerra empia e barbara. E dopo tanta strage Roberto ricondusse il papa trionfante su quelle cruente ruine al palazzo di San Giovanni in Laterano.
Gregorio allora tenne il suo ultimo concilio, dove rinfrescò le vecchie scomuniche contro Enrico e Giliberto e i numerosi loro partigiani, purgò la città di tutti coloro che gli erano stati infidi; ma forse paventando l'ira che ispiravano al popolo gli orribili vestigi della ferocia normanna provocata da lui ad onore e gloria della sedia apostolica, appena partito Roberto da Roma, si allontanò anch' esso cercando un asilo in Salerno. Quivi rimase a discrezione del suo liberatore, il quale a fargli costare cara la protezione largitagli, ingegnavasi di far forza alla volontà di lui quasi lo tenesse sotto tutela. Questo tenore di vita tornava amarissimo a lui che aveva sempre parlato da padrone ai più potenti principi della cristianità, che aveva fatto prostrare ai suoi piedi lo erede de'Cesari, e adesso era costretto a mostrarsi benevolo ed ossequioso ad un avventuriero, ad un suo vassallo. Gli inacerbiva l'animo ineffabilmente lo spettacolo di Enrico trionfante, e della diserzione de' difensori della Chiesa, i quali combattendo non per vero zelo ma per proprio utile, e seguendo il tristo pendio dell'umana natura, che è quello di plaudire a chi vince e spregiare chi cade, passavano al campo nemico. Rotto da tanti dolori, dicono non perdesse mai la fede; e quando l'anno dopo nel maggio del 1085 infermò gravemente, vuoisi che, dopo di avere assoluti tutti gli scomunicati, tranne lo imperatore, l'antipapa e i capi della fazione avversa, esclamando « Ho amata la giustizia, ho avuta in odio la iniquità, e però muoio nell' esilio »1 spirasse in Salerno.
1 « Dilexi imtitium et odivi iniquituteni, propterea morior in exilio. »
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