Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
      di proprio, ma ebbe occhio espertissimo a conoscere i suoi tempi, a sceverarne gli elementi, individuarli, e riordinarli in modo che sembrassero procedere per impulso della sua destra titanica. E appunto perchè le condizioni delle cose preesistevano a Gregorio, mancato lui, il moto non si spense; le sue idee non si richiusero nel suo sepolcro, ma passarono in fedecommesso ai suoi successori, o per dir meglio, s'immedesimarono alle condizioni del papato, sì che in futuro il possibile avvenimento di un pontefice animato di vero spirito apostolico e di vera carità evangelica, non le avrebbe potuto mutare, e l'uomo pacifico sarebbe stato costretto a lasciarsi trascinare da quelle.
      DifattiGregorio morì senza avere stabilita fermamente nessuna delle grandi riforme, per le quali l'animo suo cristiano non aveva abborrito dall' incitare i popoli a trucidarsi e sbranarsi come belve feroci: l'impero e i popoli seguitarono a considerare siccome di loro pertinenza la elezione del capo della chiesa; i sacerdoti clic avevano mogli, seguitarono a tenerle seco, i celibi ad ammogliarsi innanzi o dopo il ricevimento degli ordini sacri; i principi conferivano sempre le investiture ai vescovi ed agli abbati. Nè ciò fla meraviglia, imperciocché a svellere una consuetudine che, comunque mala, si tenga abbarbicata ai costumi del tempo, un colpo solo non basta, ed è mestieri avvicendarne due, dieci, cento; ma se il primo procede bene assestato, la perseveranza e la forza della volontà compiranno l'opera. Egli è vero, ripeto, che nessuna delle tre predette riforme, alla morte di Gregorio, rimase ammassicciata; ma sotto i suoi successori le investiture furono abolite, il celibato ecclesiastico reso obbligatorio, la elezione del pontefice posta in mano de' soli cardinali dentro gli arcani del conclave.
      L'impero che aveva tanto vantaggiato a danno della chiesa, non seppe cogliere nessun frutto da quella prima e temporanea vittoria; poiché il principe che lo reggeva non era uomo di gran mente; l'indole sua era inoltre intristita dalle perverse abitudini della vita, e dall' orgoglio reale sì crudelmente umiliato; i suoi sostenitori erano pochi e mal fidi, il cui numero come acerescevasi nella lieta fortuna, così


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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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